In tempi di abbuffata voyeuristico-mediatica offerta dai canali di comunicazione e di auto-rappresentazione del sé sui social, risultano più che mai attuali le previsioni di George Orwell nel suo romanzo 1984, che ora approda al Teatro Quirino di Roma dal 22 ottobre al 3 novembre. Violante Placido Ninni Bruschetta e Woody Neri sono i protagonisti principali dell’adattamento di Robert Icke e Duncan Macmillan, tradotto da Giancarlo Nicoletti che ne cura anche la regia.
Un’opera attuale, profetica, che descrive unmondo diviso in tre superstati in guerra fra loro: Oceania, Eurasia ed Estasia. L’Oceania è governata dal Grande Fratello, che tutto vede e tutto sa. I suoi occhi sono le telecamere che spiano di continuo nelle case, il suo braccio la Polizia Mentale che interviene al minimo sospetto. Tutto è permesso, non c’è legge scritta. Niente, apparentemente, è proibito. Tranne pensare, amare, divertirsi. Insomma: tranne vivere, se non secondo i dettami del Grande Fratello. Perfino i bambini sono diventati spie; la guerra è permanente, non importa contro quale nemico, e i teleschermi, insieme alle videocamere, controllano tutti.
Il regista mette in scena il nucleo centrale del capolavoro. «Orwell scrive immaginando un mondo distopico e creando un universo frutto della deriva socialista e tecnologica – spiega Nicoletti -. Neanche lui poteva immaginare, probabilmente, che quell’intuizione si sarebbe prestata così tanto a rappresentare questo nostro presente post-ideologico che, archiviati i concetti di destra e sinistra per come ce li ha lasciati il Novecento, vede alla ribalta una nuova forma soft di dittatura, fatta di hi-tech, globalizzazione tradita, media e social. Il nostro Grande Fratello e l’Oceania orwelliana in scena, dunque, vivranno non in una dittatura del secolo scorso, ma nelle odierne Silicon Valley, negli Apple Store, a Guantanamo o in Iraq, in una diretta streaming o nel mondo dell’intelligenza artificiale e fonderanno il proprio potere sull’invasione della sfera privata. Il Grande Fratello digitale dei nostri giorni esiste ed è una rete che avvolge tutti e ci accompagna in ogni momento del quotidiano: la suggestione che il Big Brother possa essere solo un algoritmo e non un politico in carne ed ossa, peraltro, è già nelle pagine del romanzo».
Queste riflessioni sono state la bussola del progetto, senza però ridurre il tutto a facili scenari futuristici da tute spaziali, per non tradire lo spirito dell’autore e del romanzo. Comunque, lo spettacolo contiene scene di violenza simulata, sangue finto, effetti sonori improvvisi e disturbanti, utilizzo di luci stroboscopiche che ne consigliano la visione ai maggiori di 14 anni.