Siamo nell’era del sesso amplificato, scandagliato ed esteriorizzato in tutti i modi possibili ed immaginabili. Dalle pubblicità allusive volte ad attirare l’attenzione del pubblico femminile su addominali scolpiti, fino a discorsi sempre più espliciti il cui unico scopo è quello di dimostrare una certa “attività” piuttosto piena e soddisfacente, sembra che il diktat assoluto di queste ultime stagioni sia stato farlo a tutti i costi ed il più possibile senza ripensamenti ed esitazioni. Insomma tutti ne parlano e ne alludono, nessuno si tira indietro da quello che, visto da questa ottica, appare più come un vero e proprio dovere civile piuttosto che un piacere personale. Ma nonostante tutto questo soddisfatto rumoreggiare sul sesso siamo poi sicuri che ciò che udiamo sia la perfetta verità senza alcun ombra di menzogna utilizzata per celare umane eppur infamanti insicurezze? Visto il successo che un film come 40 anni vergine ha ottenuto in pochissimo tempo negli Stati Uniti (in un solo giorno e mezzo ha guadagnato ventuno milioni di dollari) e la decisione da parte di Judd Apatow di dirigere questo film dopo aver realizzato una sceneggiatura dolce amara con Steve Carell su di un maturo Bridget Jones che, lontano anni luce dal prototipo di uomo che non deve chiedere mai, cerca di superare l’ingombrante presenza dell’illibatezza e la sua goffa e comica difficoltà a relazionarsi con il gentil sesso, qualche problema deve pur esserci all’orizzonte.
Insomma, possiamo ammettere con franchezza che il cielo non è esattamente sempre più blu per le donne come per gli uomini. Inoltre la particolarità narrativa che pone al centro di questa bagarre sessual/amorosa sempre ai limiti di un eccesso ben gestito uno Steve Carell (Andy), vicino come mai al primo Woody Allen, privo di qualsiasi falsa sicurezza, incapace di simulare esperienza e virilità, è di questi tempi sicuramente una novità che esce dai canoni cinematografici per affrontare con la giusta dose di ironia e buon gusto quelli che sono gli intoppi di una vita quotidiana che, solitamente, non è scandagliata tra le pagine di una normale sceneggiatura. Sesso o non sesso, questo non è il problema. Ciò che annienta è l’insicurezza, la fatica di omologarsi a prototipi di maschio che incitano alla depilazione e allo spinning, le difficoltà affrontate prima di arrivare al fatidico momento che unite alla consapevolezza di non comprendere poi molto degli oscuri meccanismi che muovono il non sempre magico mondo degli incontri, chiudono il cerchio inducendo i meno ardimentosi ad una immobilità assoluta. Dunque che si viva nella città che non dorme mai o nella più tranquilla provincia italiana, per non rimanere vittime come Andy degli incontri di gruppo con più di trenta donne in una sola sera dove l’amore e la passione sembrano essere gli unici a non essere stati invitati (si hanno esattamente meno di venti minuti per parlare con ognuna di loro), l’unica soluzione è il movimento, provare e tentare. Prima o poi qualche cosa accadrà.
di Tiziana Morganti