Apre la mostra dedicata al celebre attore pugliese
Una mostra dedicata alla lunga carriera di Walter Chiari nel ventennale della scomparsa, voluta dalla Cineteca Lucana in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Regione Lazio e curata da Franco Mariotti, è aperta fino al 16 luglio a Roma, negli spazi dell’ex Gil di Largo Ascianghi 5, a Trastevere. Oltre cento foto di scena, quindici manifesti originali dei suoi film, una straordinaria collezione di macchine da presa d’epoca funzionanti per ricostruire la vita e i successi di questo straordinario interprete della Dolce Vita.
Un omaggio doveroso all’attore “principe” della comicità, di origini pugliesi e milanese di adozione ma dall’humor talmente internazionale dall’esser definito negli anni ’50 il Danny Kaye italiano. Ma l’Italia dalla memoria sempre troppo corta, sembra aver dimenticato questo suo versatile artista, protagonista per un trentennio al cinema, in teatro, in Tv e nella pubblicità, dopo avergli negato a fine carriera (e a fine vita), il Leone d’oro come miglior attore per il film Romance al Festival di Venezia.
«Fu una scelta ‘politica’, Walter mi ha insegnato a rischiare senza rete» ricorda Luca Barbareschi, che ha convinto la Rai a fare un film su trent’anni della vita di Chiari (girato tra Roma e Torino da Enzo Monteleone con un assai somigliante Alessio Boni), che ripercorre le vicende liete e tristi che tra il ’60 e l’80 lo portarono man mano dagli allori all’uscita di scena, a far uso di droghe e a provare sulla sua pelle l’amaro sapore del carcere.
Un artista scomodo, anarchico, mai legato ai carri del potere, dal carattere contagiosamente esplosivo e a tratti assai irascibile. «Walter era anche una grande maschera tragica» ricorda Carlo Carlei che lo riportò alla ribalta nell’89 con Capitan Cosmo, l’ultimo film della sua vita, il primo al mondo girato in alta definizione. «Una storia di fantascienza di cui Walter era appassionato – ricorda Carlei -, ma anche una dura riflessione sulla morte». Vinse i festival di Montreaux e Tokyo ma da noi la pellicola fu cancellata, resta solo in Dvd.
«Con la sua BMW correva come un pazzo, convinto che abbattendo i tempi in cui restava in strada si accorciava il rischio di un incidente» ricorda Francesco Massaro, che lo diresse nel ’75 nel film grottesco (e quanto mai attuale) La banda di Monate in cui un gruppo di politici si spartiva le spoglie di un’intera città. «Il film – racconta Massaro – costò molto perché Chiari fu assai esigente nella scelta degli abiti, persino le scarpe volle su misura, ma poi fu un flop al botteghino».
Per l’attrice Ivana Monti era «Uno scintillante e scapestrato poeta. Rimasi folgorata dalle sue capacità di improvvisare». Ugo Gregoretti lo volle come interprete di un’esilarante commedia inglese di fine ‘700. «Era una presa in giro di un regista di una tragedia spagnolesca -ricorda -, volevo un attore insolito, dall’umorismo surreale, lui improvvisò, inventò, fu inimbrigliabile».