Se siete una coppia tra i cinquanta e i sessanta con una vita borghese alle spalle e un altrettanto noioso futuro davanti, non lasciatevi sopraffare dal tedio e dallo sconforto. Alla dilatazione temporale causata da uno stato di prepensionamento ed agli stravolgimenti fisici o emotivi dovuti al sopraggiungere della menopausa, si può porre rimedio acquistando una casa in campagna e dedicandosi al un nuovo ed insolito gioco del “changez la dame” con dei vicini curiosi e disponibili. Riposti in cantina i cari vecchi e tradizionali hobby sembrerebbe consuetudine di questa particolare fascia d’età, in cui il tempo torna a fare da padrone, potrebbe essere niente meno che lo scambio di coppia. A proporci questa teoria innovativa sono i registi Arnaud e Jean-Marie Larrieu attraverso un film che, pur prendendo spunto da un fenomeno indubbiamente concreto (in Italia su cento coppie almeno sei si dichiarano scambiste), trascina due grandi interpreti come Daniel Auteuil e Sabine Azema in un’ avventura esteticamente molto “naturalistica”, ma intimamente statica ed inanimata. Ed il problema non risiede minimamente nello scandalo o nell’imbarazzo di fronte ad un argomento che potrebbe suscitare delle perplessità. Posto che la sfera sessuale è un terreno assolutamente personale ed intoccabile se non addirittura non giudicabile, qui ci troviamo a confrontarci con film che in qualche modo la espone, privandola di un eccesso di immagini esplicite (la qual cosa è anche positiva) ma soprattutto di vitalità e gioia, di una sorta di risveglio corporeo e sensoriale.
Come a volte accade le intenzioni sono migliori delle azioni. Ed è forse per questo motivo che “il grande inno alla sensualità” è stato diretto con delle incertezze dai Larrieu ed altrettanto non ben “cantato” dai suoi solisti. Le stonature sono da rintracciare maggiormente all’interno di una sceneggiatura fragile e superficiale, capace di inanellare una serie di battute infelici affidate ad un Daniel Auteuil che per l’occasione, e con un certo sgomento da parte di chi è abituato a vederlo in prove ben diverse, veste un’espressione vagamente esterrefatta di un romanticismo da romanzo d’appendice. Nulla da eccepire sull’eleganza (assolutamente necessaria visto l’argomento) stilistica scelta dai Larrieu, eppure quel continuo utilizzo di una meravigliosa campagna francese, il tentativo di dialogare con i sensi risvegliati dal buio e dalla mancanza di contorni ha edulcorato ancora di più l’intera vicenda, privandola di un corporeità attraverso la quale è certo facilmente trasmettibile volgarità ed eccesso ma soprattutto la gioia di un risveglio a nuova vita. In definitiva Incontri d’amore è veramente, per continuare ad utilizzare la similitudine proposta da Sabine Azema, un placido torrente il cui rumore giunge a noi quasi impercettibile.
di Tiziana Morganti