In onda domenica 9 e lunedì 10 su RaiUno
Nel momento in cui l’Italia è considerata alla stregua di una barzelletta è quanto mai utile proporre in televisione una bella storia italiana. Ne sono convinti il capo della fiction Rai Fabrizio Del Noce, il produttore Angelo Rizzoli, il regista Carlo Carlei, gli sceneggiatori Massimo e Simone De Rita e gli attori della miniserie Il generale Della Rovere in onda domenica 9 e lunedì 10 in prima serata su Rai1, interpretata da Pierfrancesco Favino con Raffaella Rea, Andrea Tidona, Hristo Shopov.
Ci tengono però a precisare che non si tratta del remake del film del ’59 di Rossellini con Vittorio De Sica, ma l’“ampliamento” delle vicende in esso narrate, ispirata al racconto di Indro Montanelli. Con più spazio per le vicende private e sentimentali del protagonista Giovanni Bertone che nel 1944, dopo una vita di truffe e raggiri, recupera la propria dignità diventando un “eroe per caso”. Un giocatore incallito che cerca di far affari con i nazisti sui prigionieri di guerra, viene arruolato come spia e calato nei panni del generale della Rovere, membro della resistenza antinazista ucciso dalle SS.
In quei panni Bertone scoprirà i valori dell’onore, della solidarietà, dell’amor patrio, trovando il coraggio di sacrificarsi per tradire i suoi. «Quando non sai qual è la strada del dovere, scegli la più difficile» fu il suo motto che, pensando alla grama attualità, ha conquistato il regista.
Per Favino vestire i panni che al cinema furono di De Sica non è stata una gara ma un privilegio. «Faccio l’attore da vent’anni, i conti con lui li faccio quotidianamente, non posso ricalcare le sue orme, cercare di avvicinarmi a un mostro della recitazione e della regia: i tempi della recitazione italiana li ha inventati lui». Dice di non aver “imparato a memoria” il film: «Ma ne ho citato alcuni passaggi – ammette l’attore romano -, cercando però di raccontare di più il privato del personaggio, le sue dipendenze, tutti elementi di attualità, l’ho omaggiato, mai sbeffeggiato». E ci è riuscito davvero bene.
Anche per sceneggiatori navigati come i De Rita (Padre Pio e Ferrari, diretti sempre da Carlei e prodotti da Rizzoli) è stato comunque un lavoraccio: «Per fare una sceneggiatura da un romanzo non basta una traduzione – spiegano -, occorre una reinvenzione, e questa è una storia nostra». Replicano dunque così ai duri attacchi fatti dal figlio, Manuel De Sica, sostenendo che i classici non si toccano, che sarà un confronto perso in partenza.
Carlei lo invita a parlare dopo aver visto. «Ho raccontato la storia con un linguaggio moderno e spettacolare, per il pubblico di prima serata di Rai1 – sottolinea -, il film di Rossellini era in bianco e nero, appartiene al paradiso dei cinefili». Dal canto suo Del Noce sottolinea le tante versioni realizzate nel tempo dei vari Giulietta e Romeo, Pinocchio, Amleto. Rizzoli precisa che il progetto è in linea col ruolo educativo e pedagogico della Rai: «I classici della letteratura su carta non li legge piu’ nessuno – dice-, è giusto riproporre in tv quella metafora dell’italiano». E si dispiace che «Manuel esca dalle sue competenze musicali. Tutti i classici sono un riferimento della cultura mondiale, e come diceva McLuhan, il mezzo e’ il messaggio».
Il mezzo, appunto, la televisione che, sostiene Favino «Fa la media della cultura di un paese. Snobbarla sarebbe viltà non intelligenza. Raccontare un’Italia positiva è stato un bel gesto».