Quando nel 1960 Alfieapparve sul grande schermo per la prima volta lanciando un giovanissimo Michael Caine nei panni di un dongiovanni trasgressivo, scosse notevolmente gli equilibri di una società borghese e puritana, un risultato che oggi il regista Charles Shyer non riesce nemmeno a sfiorare con un remake sicuramente godibile ma che si affida completamente al glamour newyorkese arricchito dal fascino indiscusso di Jude Law. Un film dunque basato quasi esclusivamente sulla cura dell’apparenza e dello stile amplificato dalle immagini notturne di una Manhattan incredibilmente vitale e libertina alla Sex and the City, da un look decisamente dandy che perfettamente si adatta alla fisicità britannica di Law ma che risulta povero di ogni attrattiva emozionale e narrativa non riuscendo mai a catturare completamente l’attenzione del pubblico. Onestamente le avventure di un single che passa occasionalmente da un letto all’altro vestito dei suoi completi Armani e di una simpatica e schietta dose di cinismo non stupisce e soprattutto non scandalizza più nessuno nonostante il “fisique du role” di Law e la sua capacità di calarsi perfettamente nel ruolo.
Se inoltre questo atteggiamento da simpatica canaglia rischia di essere drammaticamente diluito da una finale conversione che ha il sapore di una morale fin troppo scontata, l’unico appiglio a cui tenersi rimane effettivamente un amore per l’estetica. Una scelta che Shyer sembra aver esaltato scegliendo di puntare la telecamera quasi esclusivamente sul volto dell’attore che, con New York sullo sfondo, diviene non solo narratore di se stesso e della città, che percorre su di una vespa strizzando l’occhio allo stile anni Sessanta di un giovane Gregory Peck, ma si impone come unico protagonista sostenuto da una serie di immagini curate al digitale e da una colonna sonora curata da Mick Jagger e Dave Stewart, capace di determinare con precisione l’atmosfera e l’ambiente. Concludendo dunque Alfie si presenta come un vero e proprio piacere per gli occhi dove tutto si concretizza in apparenza ed il significato si dissolve nel nulla più assoluto. Sempre meglio di niente.
di Tiziana Morganti