Dal libro al film, Ivan Cotroneo al cinema dal 4 novembre
La faticosa ricerca della felicità nella Napoli allegra e variopinta dei primi anni ’70. Su questo tema Ivan Cotroneo ha scritto un romanzo, La Kryptonite nella borsa che ora, con lo stesso titolo, ha trasformato in pellicola, dal 4 novembre in 130 cinema con Lucky Red. Una commedia divertente e colorata, al femminile, profondamente autobiografica, affidata a collaudati attori come Valeria Golino, Luca Zingaretti, Cristiana Capotondi, Libero De Rienzo, Fabrizio Gifuni.
La storia è incentrata su tre generazioni di donne e la loro fame di felicità, che Cotroneo racconta attraverso gli occhi di Peppino (Luigi Catani), un ragazzino di nove anni con una numerosa e scombinata famiglia. Quando la mamma (Golino), tradita dal marito (Zngaretti), si ammala di depressione, Peppino viene sballottato tra il papà solerte ma incapace di accudirlo, i nonni, una cugina a caccia del grande amore e due zii fricchettoni (Capotondi e De Rienzo) che lo trascinano tra collettivi di agguerrite femministe e festini all’Lsd, decisamente inadatti alla sua età.
A fargli intuire come stanno davvero le cose è il cugino che si crede superman e che lo aiuterà a entrare finalmente in contatto col mondo dei grandi. Protagonisti assoluti gli anni ’70, con le prime contestazioni femminili, gli abiti modesti con cappotti e maglioncini attillati a spina di pesce, pantaloni a zampa d’elefante, fruscianti pigiama-palazzo, montagne di capelli cotonati, pesanti trucchi, gioielli falsi e vistosi, utilitarie dalle linee oggi improponibili, comunque status symbol di quel momento.
«Sono nato a Napoli nel ’68 – racconta l’autore -, nel film racconto la mia città e la mia famiglia, senza nostalgia ma con un po’ di rimpianto per un periodo in cui c’era tanta voglia di sognare, di non essere giudicati solo per il proprio aspetto. Oggi dovremmo reagire, aprirci alle stravaganze di ogni singola persona». «Ho lasciato Napoli da piccola – ricorda Golino – nel ’73 vivevo in Grecia, sotto il dominio dei colonnelli, un altro pianeta. Ma molte cose del film mi sono familiari, si andava al di là delle differenze di classe, gli adulti avevano meno attenzioni per i bambini. Ricordo tanti momenti di solitudine, di noia, ma eri libero di fare cose che oggi i bambini non hanno piu’ il tempo di fare».
In De Rienzo il set ha risvegliato la memoria olfattiva: «Le case puzzano ancora di naftalina» spiega. Capotondi invece nel ’73 non era ancora nata: «Ringrazio il costumista per quegli abiti meravigliosi che mi hanno sembrare le gambe piu’ lunghe». «Il cinema tenta di ricostruire il nostro passato, che ci aiuta a capire l’oggi – commenta Gifuni -. Rimuovere la memoria del nostro paese permette poi a chi ci governa di fare di tutto, per questo spesso il cinema e il teatro danno fastidio al potere. Non so come sia stato possibile scivolare nell’oscurità del presente, c’è una differenza siderale tra i corpi di ieri e quelli “rifatti” di oggi. Allora non ci si curava della perfezione, non c’era il dovere di essere voluto dalla società dei consumi. Il film riannoda i brandelli di quella tela».
«Oggi si vive meglio di allora –dice Zingaretti -, ma io rimpiango il ‘borsello’. Scherzi a parte, rimpiango la capacità di lottare per ciò che si desidera, di sognare, di stare insieme, oggi perdute». Ognuno di loro ha la sua “kryptonite nella borsa”. Cotroneo: «Ho paura di far male alle persone care». Golino: «Ho paura che le persone che amo mi facciano del male». Zingaretti: «Dimenticare le cose belle del passato e sprecare del tempo. La vita è meravigliosa, non va sprecata». Capotondi: «Ho paura di non aver capito il senso della vita e ciò che è giusto fare per me stessa». Gifuni: «L’indifferenza mi terrorizza».