Questa sera sul terzo canale Rai
Mussolini, la favorita e il crepuscolo del fascismo. Riassunti in trecentodiciotto lettere, scritte tra l’ottobre 1943 e l’aprile 1945 dal Duce, durante i seicento giorni di Salò, a Claretta Petacci. La sua amante, o meglio, la consigliera dell’uomo che per lei era un dio di cui non accettava il declino. Come emerge da questi preziosi carteggi che Rai3 renderà pubblici mercoledì 5 settembre in prima serata col programma Mussolini, Il cadavere vivente (di Giuseppe Giannotti, Davide Savelli e Clemente Volpini) nato dalla collaborazione tra ‘La Grande Storia’ di Raitre, diretta da Luigi Bizzarri, e la Rai Educational di Silvia Calandrelli, con l’Archivio Centrale dello Stato.
La terza rete Rai riapre dunque in bellezza la stagione, con un programma degno del miglior servizio pubbico, presentando per la prima volta in tv le lettere ritrovare nel 1950 nell’archivio Petacci, finora assolutamente riservate e per anni inaccessibili per via delle cause intentate dagli eredi della donna, che il tribunale alla fine definì d’interesse politico facendole diventare parte del patrimonio pubblico dello Stato. Lettere che raccontano la vita privata e più nascosta di Mussolini, la consapevolezza della propria fine e la sua visione della fine del fascismo, senza alcuna autocritica, solo con un’analisi rabbiosa degli errori degli altri.
Non è stato facile per gli storici che le hanno interpretate mettere in ordine questo delicato e prezioso materiale, trovare il bandolo della matassa, stando attenti a non trasformare una tragedia in una farsa televisiva dai gossip modaioli. Il ruolo di Clara come amante, spiegano, quasi scompare per far spazio alla donna che adora un dio vivente e si sente depositaria della sua memoria. Lettere su cui l’autore imprime col lapis rosso la scritta “distruggere” (ordine che Claretta ovviamente e per fortuna non eseguì) in cui Mussolini si definice “un sognatore naufragato”, un “cadavere vivente”.
Un Mussolini in formato ridotto, depresso, in preda a un vittimismo, che gli storici però definiscono “auto assolutorio”. «In tutte le lettere non c’è un solo cenno di autocritica per la situazione in cui si trovava l’Italia – commenta lo storico Mauro Canali – Mussolini non cerca di capire e spiegare i suoi errori o la crisi del fascismo, esamina solo gli errori degli altri». «Degli italiani, che – spiega Emilio Gentile – da tempo lui chiamava un popolo di inetti, gli unici responsabili della tragedia».
Centinaia le risposte di Claretta, dattiloscritte, manoscritte, inviate di getto, vere e proprie confessioni. Mussolini è un fiume in piena, che racconta in presa diretta, quasi come in una cronaca di guerra, di politica, congiure di palazzo e intrighi di partito. Ma parla anche di amore, gelosia, sesso, salute, in una commistione di pubblico e privato. Nelle sue parole il tradimento del 25 luglio e l’armistizio dell’8 settembre, l’odio per Badoglio, per il re Vittorio Emanuele. La delusione per gli italiani che non difesero la valle del Po.
Si firma Ben, il Duce della Repubblica Sociale Italiana, come negli “anni felici”, ma non è più lui. È un uomo stanco, invecchiato, malato, ostaggio dei tedeschi, confinato sulle rive del Garda, che si abbandona ai ricordi, definendosi un “buffone”, un “ridicolo personaggio”, un “fantoccio grottesco”, una “foglia nel turbine”, un “cadavere vivente” che attende la sua ora. Con al suo fianco Clara, a cui scrive: «Tu sei e rimani il mio amore immutabile».
Ad interpretare i due amanti in video leggendone le missive, gli attori Michele Placido e Maya Sansa. «Claretta Petacci è stata spesso descritta semplicemente come l’amante di Mussolini – commenta l’attrice – ma dal carteggio emerge una donna intelligente, motivata, con una coscienza politica, devota a una causa, con un grande ideale, che io non condivido assolutamente». «Aver ripercorso attraverso le sue lettere questa storia, chiamiamola pure d’amore, in cui egli stesso si confesso come io non l’ho mai conosciuto, mi ha profondamente colpito – aggiunge Placido -. Mussolini sapeva di esser diventato, uno ‘zero’. Si definisce un fallito, un buffone, un cadavere vivente, una maschera grottesca. Non ho ma letto in romanzi o visto in un film, sia di destra che di sinistra, una definizione di sé così atroce».