Il nuovo e divertente spettacolo in scena all’Ambra Jovinelli di Roma
«Mi paghi prima. E anche dopo, se ti è piaciuto». È questo il motto degli attori che come prostitute “vendono” agli spettatori i propri monologhi, le proprie performance artistiche, offrendo seduzione, adescamento, perversione, emozione, divertimento, provocazione. Naturalmente in nome dell’Arte, con lo spettacolo Dignità Autonome di Prostituzione, scritto da Luciano Melchionna con Betta Cianchini, in scena all’ Ambra Jovinelli di Roma (giovedì, venerdì e sabato alle 21.oo e domenica alle 17.00).
Il pubblico, accorso a frotte alla prima romana, dopo i primi attimi di smarrimento si lascia coinvolgere, incuriosito e divertito, in questo movimentatissimo “gioco” teatrale che dura fino a notte fonda, inedito a casa nostra ma già famoso nella Grande Mela. Più di 70 attori si avvicendano, concedendo le proprie “grazie” a pagamento, negli angoli più inconsueti e nascosti del teatro. Sotto la geniale e destabilizzante regia di Melchionna, che ha saputo tirar fuori il meglio da attrici note in tv ma alle prime armi in palcoscenico come Eliana Miglio, Ilaria Spada, Paola Barale.
Attesissimo dopo oltre trenta edizioni e circa 100.000 spettatori/clienti, lo spettacolo si svolge in una sorta di grande “bordello” dove singolari maîtresse accompagnano lo spettatore-cliente munito di “dollarini” (le banconote ricevute con il biglietto d’ingresso) a scegliere le “cortigiane” preferite. La platea resta deserta, in mano a qualche menestrello, giocoliere, saltimbanco che, fellinianamente, riscalda l’ambiente. Gli spettatori, da soli, in coppia o in piccoli gruppi, si appartano con la “prostituta” scelta, in luoghi oltre il palcoscenico, come uffici, sottopalco, bagni, camerini del teatro, nella stanza di un prestigioso hotel nei dintorni o in una jeep d’epoca piazzata di fronte all’ingresso. Dopo aver trattato il prezzo, i “clienti” gustano le loro “pillole di piacere”, vale a dire curatissime performance teatrali della durata ciascuna di una decina di minuti.
Guidati dall’impeccabile maitresse Conte dalla Vedova Nera (dietro il cui costume ottocentesco si cela il bravo attore e press-agent Alessandro Russo), dopo una serrata trattativa sul prezzo, seguiamo Ilaria Spada “la ritrattista” che, a passo spedito ci conduce in strada, fino al ridotto del teatro, su per le scale, in una sorta di ufficio dove, da dietro la scrivania, lei si lancia con insospettata grinta e grande professionalità in un accorato e accurato monologo sul “fare”(di Melchionna).
Al ritorno siamo catturati e stipati sulla jeep dalla “slovacca” (Betta Cianchini) per l’esilarante racconto della sua vita all’Est con la nonna. La più sconcertante è la “stregona” Paola Barale che, uno alla volta, ti accoglie in un camerino a lume di candela, seduti per terra, dà il via al monologo molto intimo Prendete l’armi (sempre di Melchionna) durante il quale ti sfiora, ti abbraccia, ti cattura, tanto da farti venire la pelle d’oca.
«Ho venduto la mia casa – racconta poi l’ex show girl, che a gennaio tornerà in tv a Milano con Misteri -, faccio una vita da zingara tra i trulli pugliesi che adoro e gli amici che mi ospitano a Roma mentre lavoro. Senza casa ti senti leggera». E di leggerezza ha bisogno per riprendersi da questa esperienza teatrale: «Il mio testo è bello forte, entrarci e uscirci non è da poco» conferma. Durissimo è il monolo d’esordio sulle scene di Eliana Miglio. Ammantata di seta chiara, l’attrice fende la notte scortando il gruppetto fino all’hotel nei pressi della stazione Termini. Nella sua lussuosa stanza, seduta nel letto, la testa fra le mani declama: «Se ti fa male, lo stacchi il cervello».
C’è un silenzio surreale mentre lei parla di un figlio, di flebo, di dolore, fino al colpo di scena finale. Bravissima, incisiva. «Sono contenta di debuttare in teatro in questo modo – racconta -, Melchionna usa la mia preparazione cinematografica, mi piacerebbe continuare, è roba solida. Ogni donna ha una vita talmente densa che solo il teatro o un grande film ti può rappresentare – dice -. Trovo questo spettacolo molto femminile, racconta come chiunque sia un lavoratore precario, autonomo, oggi devi essere a disposizione. Il mio monologo non parla mai di uomini, è lei da sola che si giostra tutte le sue cose».
Si torna in teatro, dopo tanto girovagare finalmente seduti in platea. La ruvida e poetica voce di Momo che omaggia Petrolini e il freddo che stenta ad arrivare chiude in un’atmosfera magica l’impareggiabile show, con tutti gli attori che ballano e cantano mischiati ai “clienti”. Ti senti protagonista anche tu, per una notte. Un nuovo approccio allo spettacolo. Un modo per ridare dignità al lavoro dell’attore, spiegano i protagonisti, e una provocazione giocosa e sorprendente per riavvicinare il pubblico al mestiere più antico del mondo… per far riflettere e divertire, laddove per divertimento si intenda “uno stupore nuovamente sollecitato” da un teatro che non è autocelebrativo, ermetico e fine a stesso ma prima di tutto magia e sogno.