La divertente commedia di P.J.Hogan, presentata al Festival di Roma
È dedicato alla follia l’evento comico del Festival capitolino, in corso all’Auditorium Parco della Musica fino al 17 novembre. Si ride con Mental, pellicola totalmente autobiografica del regista P.J. Hogan che mostra, in chiave di commedia ironico-surreale in salsa gialla, la sua vera e disturbata famiglia australiana. A cominciare dalla madre, che canta e balla garrula nel giardino della sua sciatta villetta, creando imbarazzo nelle giovani figlie e scandalo nel benpensante vicinato.
Il marito, sindaco della cittadina in odore di rielezione e impenitente donnaiolo, molla baracca e burattini, portando la moglie in “vacanza” in manicomio e affidando le figliolette a una stravagante autostoppista con feroce mastino al seguito assunta al volo come baby-sitter. Tra loro, la zia materna in fissa per le bambole, che imparrucca “rubando” i capelli rossi della nipotina, le vicine pettegole e maniache dell’ordine, con la puzza sotto il naso, il misterioso proprietario dell’acquario con gli squali del luna park dove lavora una delle ragazze, non si capisce chi sia il più fuori di testa.
Tutto vero, spiega il regista australiano, a Roma per presentare il film. Dopo i successi commerciali made in Usa (ll Matrimonio del mio miglior amico con Julia Roberts) è voluto tornare alle origini, immortalando su pellicola la sua famiglia “disfunzionale”. «Negli Stati Uniti non puoi fare tutto ciò che vuoi – racconta -, perciò sono tornato in Australia per fare questo film molto autobiografico. La malattia mentale ha colpito più volte la mia vita. Ho due figli autistici e una sorella schizofrenica, ne parlo dalla trincea».
Protetto dalla commedia, affrontando la malattia mentale col sorriso. «In modo politicamente scorretto – ci tiene a sottolineare -, perché in Australia chi la vive ne prova vergogna. Un film provocatorio, perché ci si interroghi su chi è veramente matto e chi no. Se mia sorella prende i farmaci è una persona meravigliosa, ma viene comunque evitata. Ne hanno paura e spesso sono persone brillanti, È difficile tracciare una linea divisoria tra genialità e follia».
Lui stesso si definisce “squilibrato”: «Altrimenti non farei il regista. Ho lasciato casa a 17 anni per la scuola di recitazione. I compagni di corso e mia moglie mi hanno salvato, condividendo il mio amore per il cinema, imparando a ridere della mia follia. Hanno capito cosa avevo vissuto, il mio bisogno di condividerlo con questo film». Un film molto colorato che riproduce con estrema precisione la casa della sua infanzia, in una località australiana molto turistica che definisce «Molto volgare, senza un cinema né una libreria. Ne ho catturato il look, l’atmosfera ‘gotico-australiana’ – racconta -. Evadevo dalla famiglia chiuso in camera, ascoltando gli Abba, c’era semplicità nelle loro canzoni. SOS per me era molto significativa, la musica ci aiuta a esprimerci nelle situazioni anche più estreme».