Non ti aspetteresti mai di vedere un film del genere all’interno dei paludati e fin troppo istituzionali programmi festivalieri, eppure un uragano di irriverente umorismo ha colpito la prima edizione della Festa del Cinema di Roma, rendendola memorabile almeno per coraggio ed un accenno di modernità. Esilarante, incendiario, pericoloso, sovversivo. Borat è stato definito in molti modi dalla critica internazionale che non è riuscita a dimenticarlo facilmente, ma è soprattutto un sagace “coast to coast” realizzato a colpi di un’ impietosa satira sociale e culturale. Sacha Baron Cohen ( Ricky Bobby : la storia di un uomo che sapeva contare fino ad uno, Madagascar) , dopo aver conquistato due premi BAFTA grazie al suo Ali G Show, proietta, anzi catapulta il suo strampalato ed originale giornalista kazako Borat Sagdiyev sul grande schermo, affidandogli il peso dell’intero successo del film. Pensato, scritto e prodotto dallo stesso Cohen ( a quanto pare il regista LarryCharles può essere considerato come un mero seppur talentuoso esecutore), il viaggio di questo improbabibile e zotico reporter parte da un Kazakistan popolato da prostitute, contadini, stupartori ed antisemiti (tutti ben felici dei loro ruoli) per addentrarsi nei meandri di una nazione che, pur se affrontata inizialmente con il rispetto ed il sussiego che una super potenza presuppone di meritare, ne esce pesantemente derisa ed obbiettivamente criticata negli aspetti più eccessivi ed incomprensibili che compongono la sua società.
Se si parte dal presupposto che la maggior parte delle scene in cui si vede Borat (ossia Sacha Baron Cohen) calato nella quotidianità mostrino il reale ed onesto comportamento della popolazione americana, questo film dietro la sua parvenza ironica, o meglio attraverso di essa, mette in evidenza la stupidità ed il razzismo nascosti sotto la facciata nazionalistica del bravo e perfetto cittadino a stelle e strisce. Un risultato cercato con tenacia, ma ottenuto solo ed esclusivamente grazie alla realtà incontrata ed alla descisione da parte di Cohen di dare voce, in un modo originale e che si adatta alla perfezione al suo stile, alle origini ed alle convinzioni che lo contraddistinguono. Nonostante il suo Borat li tema come il demonio e li creda capaci di incredibili mutazioni morfologiche, Sacha Baron Cohen è un ebreo ortodosso, ed attivo militante contro l’antisemitismo, cosa che per altro non gli ha evitato le critiche di una minoranza intergralista. Origini e battaglie personali a parte, Borat segna una linea di demarcazione molto forte ed incisiva all’interno della commedia e della satira, stravolgendo ogni regola o schema rispettato e riproposto stancamente fino ad ora. Indubbiamente questo prodotto particolare potrà essere criticato per i toni e le atmosfere eccessive, per immagini e dialogi che spesso oltrepassano il limite del gusto, ma per questi stessi motivi, per la sua invereconda crudezza ed un umorismo espolsivo può e deve essere considerato come un film speciale ( nel senso migliore del termine) al di fuori di qualsiasi stantia tradizione hollywoodiana.
di Tiziana Morganti