Dal 29 novembre in sala il film di Francesca Muci
«Io non rinuncio più a niente. L’amore però, quello non me lo invento più. Mi prendo quello che viene, senza più regole, anche se non so cos’è». È la frase chiave del film L’amore è imperfetto, ben riuscita opera prima di Francesca Muci, interpretato da una bravissima Anna Foglietta con Giulio Berruti, Bruno Wolkowitch, Camilla Filippi, Lorena Cacciatore. Tratto dall’omonimo romanzo della Muci, sceneggiato dall’autrice con Gianni Romoli, che l’ha anche prodotto con Tilde Corsi e Rai Cinema, dal 29 novembre nelle sale distribuito da 01 in più di cento copie.
La storia, che piacerà maggiormente al pubblico femminile, ruota attorno a Elena, una giovane donna colta, moderna, sofferente e sola, che si barcamena tra sensi di colpa, amori possibili e improbabili, etero e omosessuali. Da tempo non crede più nell’amore, che aveva trovato in Marco (Berruti), un bellissimo e giovane fotografo con cui era andata a convivere. Ma il suo ‘principe azzurro’ aveva un segreto e quando Elena lo scopre, tutto il mondo le crolla addosso. Otto anni dopo, un banale incidente cambia e stravolge totalmente la sua vita. Due nuovi incontri la porteranno oltre ogni regola sentimentale ed erotica. Ettore, un affascinante 50enne francese, è l’amore adulto, quello in cui l’eros è sia fisico che mentale. Adriana, una diciottenne senza regole né freni inibitori. L’aiuteranno ad accettare l’imperfezione dell’amore e a ritrovare se stessa.
Il film si sviluppa tra il 2005 e il 2012 a Bari, città dove la regista leccese ha studiato e che rappresenta perfettamente lo spirito della protagonista, l’apertura, l’andare verso gli altri. Lo splendido lungomare è il punto di incontro di storie e persone provenienti da diversi luoghi (ad hoc la scelta di non caratterizzare un accento o un dialetto, bensì la voglia di creare una babele culturale).
«Il film parla di donna, amore e libertà, della voglia di lasciarsi andare, unita alla paura e a mille domande – spiega Muci, al suo primo film dopo numerosi e interessanti documentari -. Uno scherno all’analisi, alla frenesia di capire ogni azione, di psicanalizzare ogni gesto per giustificarlo e ricondurlo a mozioni ancestrali. Tutto ciò conduce alla consapevolezza che tutto è molto più semplice, che ci spingiamo e alterniamo tra desideri, trasgressioni, innamoramenti, paura e voglia di sognare con leggerezza, senza farci troppe domande. Non è un inno a trasgredire, ma semplicemente un inno a lasciarsi andare».
Il film mischia elementi di commedia a elementi da film romantico, bilanciando sentimento ed eros, fino a svelare, ma solo verso la fine, la sua vera natura di melò. Non mancano le scene scabrose, mai volgari e piuttosto coinvolgenti, come quella dell’autoerotismo con il cellulare al posto del vibratore. «Telefonini e sms fanno parte di noi, sono ormai un surrogato anche dei nostri momenti più intimi. Adriana coinvolge Elena nel rapporto erotico con se stessa, spingendola ad usare l’iPhone al posto delle mani, con la naturalezza del suo mondo giovane».
Chi sono dunque Elena e Adriana? «Elena è un’eroina ‘con le stampelle’, una funambola che ogni tanto inciampa ma nello stesso tempo prende forza trasformandosi in dominatrice assoluta – la descrive la regista -. Una donna semplice, ricca di silenzi e di pensieri, dietro ai quali maschera un dolore per una scelta estrema che ha pagato e che alla fine riesce ad espiare soltanto grazie alla spinta di un nuovo amore. Adriana è invece l’impeto, la spregiudicatezza che si sbriciola davanti alla sua famiglia distrutta. Si aggrappa a Elena desiderandola con sfacciataggine, invadendo la sua vita».
Fascinosi ma meno interessanti i protagonisti maschili. «Ettore è un uomo venuto da lontano, silenzioso, morbido, che comunica sicurezza. Nonostante la differenza di età, lei lo domina fin dal primo incontro e poi si lascia dominare da lui. Non c’è gioco delle parti, non esistono ruoli. Marco invece rappresenta il principe azzurro, l’uomo perfetto ma il più fragile, che barcolla anche lui in una trasgressione, o semplicemente nella sua vera natura».
Non delude nella sua seconda importante prova d’attrice Anna Foglietta (prossimamente in sala con altri due film, Colpi di fulmine di Neri Parenti e Mai Stati Uniti di Carlo Vanzina). «Mi è piaciuta Elena, una donna tanto complessa e poliedrica, è stato un privilegio interpretarla. Le scene erano più impegnative nella sceneggiatura che sul set – spiega Anna -, Francesca girava con molta leggerezza, le scene erano ben orchestrate prima, io ho voluto sapere fin dove avrei dovuto spingermi con Adriana, eravamo in perfetta sintonia, ci siamo ‘rispettate’. Tutte le persone che vivono male la propria sessualità diventano frustrate. È un film coraggioso, una storia che incita a vivere in libertà la propria vita».
Giulio Berruti, che Peter Greenaway nel film Goltzius and the Pelican Company ha ritratto in un ruolo da vizioso (con tanto di nudo frontale), qui appare nudo sotto la doccia con un altro uomo e mostra tutto il suo magnifico corpo in uno strip volutamente sopra le righe. È una sorta di citazione dello spogliarello del film Nove settimane e mezzo voluto dalla Muci, ma a ruoli invertiti. «Io faccio Kim Basinger – dice ironico Berruti – e Anna è Mickey Rourke. È un film in cui non manca l’ironia, non mi ero mai avvicinato tanto a un altro uomo».
Le canzoni L’amore è una cosa semplice e TVM sono di Tiziano Ferro, parole e musica. «Mi innamorai di questa bellissima storia già dal romanzo – racconta l’artista -, gli intrecci dei personaggi ricordano molto le storie che racconto nelle mie canzoni. C’è fragilità, controversia, attesa, rabbia. La lotta continua alla ricerca della serenità».
«È un ritratto di donne diverso dai soliti rappresentati nei film italiani – aggiunge Gianni Romoli -, si parla anche di eros ma la storia è anche melodrammatica e sentimentali. L’erotismo era l’elemento base nei film anni ’70 di Fellini, poi i divieti hanno costretto gli autori ad autocensurarsi su certi temi».