Era stato annunciato come il film scandalo della prima edizione della Festa Internazionale di Roma ma l’unica sensazione che Furriesce a regalare è una freddezza emotiva imputabile quasi esclusivamente all’ interpretazione della sua protagonista, Nicole Kidman. Dopo aver già portato sullo schermo la complessa ed oscura personalità di Virginia Woolf, l’attrice australiana, premio Oscar nel 2003 proprio per The Hours, torna a cimentarsi con una rappresentazione biografica, vestendo i panni di Diane Arbus, fotografa ed artista intensamente originale, senza regalare alla sua trasposizione cinematografica l’anima controversa propria di una creatura in evoluzione. Concentrando l’azione in un lasso di tempo ben determinato e relativamente breve, il regista Steven Shainberg (Secretary, 2002) ha cercato di rappresentare e fotografare i due universi all’interno dei quali la Arbus ha vissuto gran parte della sua vita. Fur ci accompagna metodicamente attraverso le fasi evolutive di una trasformazione emotiva e fisica grazie all’incontro con l’eccesso e l’oscuro, ma se da una parte lo stile registico e la ricostruzione attenta di due ambientazioni in opposizione si prestano con particolare attitudine allo scopo preposto, delude la prova di una Kidman troppo impegnata a mantenere una staticità espressiva che male si accorda con la violenta ed irrazionale rivoluzione di un’ intera vita.
Se la sua bellezza algida è specchio e riverbero dell’ambientazione patinata ed asettica da cui prende inizio la vicenda, diviene inappropriata quando l’atmosfera si dovrebbe arricchire di sensazioni più sensoriali e carnali. L’evidente trasformazione esteriore mai si accompagna ad un intensità espressiva che raggela più che appassionare. La situazione peggiora se ci si sofferma su un universo fatto di un insieme di diversità umane, volte a rappresentare più uno scombinato circo che un universo capace di irrompere e dissolvere le borghesi regole del vivere. Tra nani, piccole donne senza braccia ed un Robert Downey Jr., nascosto sotto la folta capigliatura di un ipertricotico in perfetto stile La bella e la bestia, l’emozione, anche nei momenti in cui il coinvolgimento dovrebbe arrivare come un colpo senza preavviso, scivola via come acqua tiepida. A questo punto non rimane che consolarsi con una fotografia elegante e di stile nella disillusa attesa di un coinvolgimento destinato a non arrivare mai. Veramente uno scarso tributo ad una personalità come quella della Arbus, destinata a cambiare profondamente i principi stessi dell’ estetica fotografica.
di Tiziana Morganti