Il candore contrapposto alla grande volgarità dei tempi che corrono. E’questo il tema conduttore di Grande, Grosso e Verdone tre episodi, o come preferisce dire l’autore tre piccoli film, diretti e interpretati da Carlo Verdone con ClaudiaGerini e Geppi Cucciari che Luigi e Aurelio De Laurentiis con Filmauro distribuiranno dal 7 marzo in ben 835 copie. L’attore romano pressato da ben 1371 mail di fan dai 18 ai 60 anni che chiedevano di rivedere i personaggi della sua galleria storica si è convinto a far rivivere sullo schermo i tre più popolari, ma riveduti e corretti dall’avanzare dell’età. C’è dunque la fiaba tragicomica del “candido” Leo Nuvolone con moglie (Cucciari) e due figli suoi cloni nella voce che deve sacrificare l’attesa gita per il raduno internazionale degli scout per seppellire tra mille assurde difficoltà la madre morta improvvisamente. Si passa al “noir” (con tanto di pesante critica ai politici) col pedante e lugubre professor Callisto Cagnato, tre volte vedovo, detestato dal figlio frustrato, che indulge ad amorali “vizietti”. Dulcis in fundo il supercafone arricchito Moreno Vecchiarutti che approda con Signora super griffata (Gerini) e figlio ultras nel più antico ed esclusivo hotel di Taormina dove occhieggia una leggiadra, eterea creatura (la top model Eva Riccobono)dai risvolti a sorpresa. Il tutto sviscerato in due ore e dieci di pellicola (e ne ha tagliati 50′) in cui più che ridere si sorride, senza però mai scadere nel patetico: “C’è una risata più interiore, ho scritto ciò che sentivo con molta sincerità” ammette Verdone, che all’inizio pensava di aver chiuso quel capitolo con Viaggi di nozze. Ha riesumato dunque alcuni dei suoi mitici personaggi adattandoli però ai tempi d’oggi e alla sua età, estraendone lo spirito, il Dna. “Avevo paura – ammette l’attore -, mi ha aiutato la mia maturità e la mia follia. C’è un incastro di situazioni, la critica di costume sul grande materialismo e sull’assenza di valori, è una radiografia di tante volgarità che vediamo ogni giorno per le quali non riusciamo più neppure a indignarci perché abbiamo perso il senso del ridicolo”.
La sua continua ricerca di nuovi attori-caratteristi dalla battuta fulminante ha centrato stavolta Massimo Marino, conduttore notturno in una tv locale romana trasformato in un esilarante, scalcinato impresario di pompe funebri. Buon esordio al cinema anche per Geppi Cucciari, assurta agli onori tv con Zelig, collaudata in teatro e qui mai sopra le righe. Anche se l’antipasto che i due attori hanno offerto la prima sera del festival di Sanremo era davvero patetico, imbarazzante: “Non è un palco per attori – si giustifica Verdone-, abbiamo fatto del nostro meglio, mi sentivo fuori luogo coi pantaloni corti da lupetto, è stata durissima!”. Come dire: che s’ha da fa’ per promuovere il film davanti a otto milioni di teleutenti! Il personaggio a cui è più affezionato? “Il cafone, è il più vero – dice Verdone -, è un poveraccio schiantato da ben altre volgarità: è un padre inadeguato che prende lezioni dal figlio, fa tenerezza”. Col secondo episodio in cui il severo prof e l’onorevole s’incontrano sui viali del vizio scambiandosi indirizzi e pareri, Carlo non risparmia frecciate a certi nostri politici: “vorrei che mantenessero un certo rigore, lo pretendo – ammette l’attore -, non voglio più vedere scene di grande volgarità come quelle recenti al Senato che superano il mio cafone- incalza -, ho voluto tirare una frecciata ha chi ha le redini del nostro paese, certe cose mi indignano”. In quel lugubre professore ha rappresentato il male che non tramonta mai: “A uno così diabolico è difficile volere bene, è come una nuvola nera incombente, devastante, che infonde un senso di morte”. Nel film c’è poco buonismo? “C’è poco da essere buoni quando in libreria ci sono romanzi come Gomorra, La Casta, sulle guerre”. Se però la sua magica Roma dovesse vincere lo scudetto si dice pronto a imitare la Ferilli scendendo in mutande al Circo Massimo, con un assolo di batteria in puro stile Led Zeppelin.
di Betty Giuliani