È dai tempi di Flashdance e Dirty Dancing – Balli proibiti che, a distanza di qualche anno l’uno dall’altro, ci vengono riproposti con regolarità film che ruotano intorno al mondo del ballo e all’amore per la musica, di qualsiasi genere essa sia. Su questa scia si pone anche Honey di Bille Woodruff, con protagonista Jessica Alba, la star televisiva del serial Dark Angel. La storia non brilla certo per originalità: un’aspirante ballerina di umili origini viene scoperta da un regista di videoclip e si reinventa coreografa per alcuni volti noti dell’hip-hop e del R&B. Ma come in ogni sogno, la favola dura poco; infatti la ragazza non tarda a scontrarsi con le dure leggi dello spettacolo. Tornata alla sua vita quotidiana, deciderà di sfruttare il suo amore per la musica per dare lezioni di ballo ad un gruppo di bambini del suo quartiere. Nel film campeggiano sovrani stereotipi e banalità; i caratteri dei personaggi sono appena abbozzati, così come superficiale risulta la descrizione della periferia cittadina, abitata solamente da sbandati o delinquenti.
È evidente che al regista poco interessa il dare allo spettatore un ritratto realistico delle problematiche adolescenziali americane tipiche dei quartieri bassi, quanto invece il proporre, con personale entusiasmo, quello che è l’attuale panorama della musica hip-hop/R&B statunitense. Non a caso le parti migliori del film sono proprio quelle degli intermezzi musicali, dal montaggio vivace, frenetiche e ritmate, a testimonianza del passato da direttore di videoclip per star quali Britney Spears, Toni Braxton e Usher del regista Woodruff. È grazie alla sua militanza in questo campo che si devono significative presenze nel film di artisti quali Ginuwine, 3 Storee, Shawan Desma, Tweet, Jadakiss & Sheek e, soprattutto, Missy Elliot, a cui spettano i momenti più divertenti della pellicola. L’indiscutibile bellezza di Jessica Alba non basta a farne una brava attrice: raramente si è vista al cinema un’interprete così inespressiva, incapace di trasmettere qualsiasi tipo di sentimento, anche mentre balla. Oltre alla scelta sbagliata di casting, una regia piatta e una sceneggiatura scontata contribuiscono ad affondare Honey nel magma sconfinato degli istant-movie americani destinati a esser scordati nel giro di una sola stagione.
di Simone Carletti