Dalla regista australiana di Lezioni di piano e Ritratto di signora non ci si poteva che aspettare un altro personaggio femminile a tutto tondo, nella New York umiliata e sventrata post-Ground Zero. Frannie / Meg Ryan è una single che si crogiola nella sua assoluta indipendenza intellettuale ed economica. Insegna a scrivere, le parole sono la sua compagnia, il suo alibi, addirittura una personalissima forma di nevrosi ossessiva. Più del delitto della sua vicina di casa, il suo mondo di carta è spazzato via da una scena inconsueta: l’assassinata faceva sesso esplicito con un uomo, in un bar, poco prima di morire. L’intellettuale si ritrova a capofitto in un fiaba che non contiene didascalie (la Ryan ha dichiarato che, durante la lavorazione, si è sentita catapultata in un film muto), nessun artificio, abbarbicata a un’immagine che la ossessiona. Anche quando le identità sono state svelate, tra Frannie e il detective Malloy, la paura di un desiderio erotico non gestibile fino in fondo è il sottinteso di una storia di ordinaria follia metropolitana. Nessuna svenevolezza, né artificio, il poliziotto ha sedato la sua paura d’amare con il cinismo e una sessualità disinibita e scevra da complicazioni. La donna fa l’amore che un uomo che non conosce, di cui ha paura, di cui non si fida: “L’hai uccisa tu, ti ho visto”, lo accusa, l’ossessione è il desiderio rinato e mal riposto e, quindi, totalmente svincolato dal condizionamento verbale. La Campion riprende gli stilemi e i ritmi sincopati dei noir americani (e francesi) degli anni Sessanta, ma si sbarazza della messa in scena algida e raffreddata che li caratterizzava. Meg Ryan fa quello che può, spesso è credibile e in parte, a volte sembra non reggere un ruolo che non le appartiene. La fidanzatina americana, tutta sorrisi e moine, si spoglia, si dispera, cammina in strade buie e pericolose, prende la metropolitana, gioca con le manette, fa i conti con una sorellastra totalmente autodistruttiva (la bravissima Jennifer Jason Leigh nei panni di Pauline), è a un passo dalla catatonia dopo la scoperta di Pauline fatta a pezzi dal maniaco seriale, si rianima tra le braccia del poliziotto. Non è Nicole Kidman, le labbra e altri parti del corpo fanno pensare a un volontario “riassetto” chirurgico, ma chi oserà ancora, dopo questo film, immaginarla trepidante sull’Empire State Building ad attendere un anemico Tom Hanks come in Insonnia d’Amore?
di Vincenzo Mazzaccaro