Che sia un reporter d’assalto in zona di guerra o la romantica proiezione onirica di un vagabondo nella fantasia visionaria di Bob Dylan, Richard Gere conquista la Mostra di Venezia con un doppio appuntamento imperdibile. Fascino zen e capigliatura sempre più argentata, l’indiscusso sex symbol degli anni ottanta, presenta al Lido The Hunting Party di Richrad Shepard e I’m not there di Todd Haynes. Da sempre in prima linea nell’impegno sociale e politico ( sono note le sue battaglie per i diritti della comunità tibetana ed il disappunto per la politica di Bush), Gere, nel film di Shepard interpreta il giornalista Simon Hunt che, al termine del conflitto bosniaco, cerca di avvicinare e catturare “la Volpe”, uno dei più sanguinari ed efferati criminali di guerra. La vicenda prende spunto da una leggenda metropolitana che racconta l’esistenza indisturbata di Karadzic, iprobabilmente con la complicità delle autorità locali ed internazionali. “Ho deciso che dovevo interpretare questo ruolo perché aveva una risonanza con le note più profonde del mio animo – dichiara l’attore che prima di chiunque altro ad Hollywood ha scelto di schierarsi con decisione – Inoltre mi piaceva l’idea di lavorare ed essere diretto da Richard. Come pochi riesce a maneggiare un materiale un po’ complicato come questo dal punto di vista artistico, dosando tragedia e commedia. Nella storia del cinema non abbiamo molti film del genere. Tra i pochi ricordo soprattutto Mash e I Three Kings.” Una storia simile sembra essere veramente il palcoscenico adatto per permette a Gere di esprimere impegno sociale ed etico. Ma quando lo si interroga riguarda alla sua eventuale richiesta di boicottare le Olimpiadi a Pechino, risponde con misurato buon senso: “ Non ho chiesto alcun boicottaggio delle Olimpiadi. Ciò che desidero è la dichiarazione della verità. Ovvero la Cina deve cominciare ad essere aperta a discutere ciò che avviene nel suo paese. Ad esempio il problema delle pessime condizioni in cui si trova la comunità tibetana. Se la Cina vuole trovare la sua grandezza, come è giusto che sia, i problemi debbono apparire alla luce del sole.”
E di fronte alla problematica della vendetta il suo atteggiamento non cambia: “ La vendetta non occupa alcun posto nella mia vita. Piuttosto dobbiamo interrogarci sul perchè permettiamo determinati comportamenti e su come lasciamo che alcune persone diventino i nostri leader. Noi siamo direttamente responsabili di ciò che accade. Siamo noi che creiamo i mostri di oggi. Bisogna fermare questo processo se vogliamo che la situazione cambi.” Da reporter di guerra al fuorilegge Billy il passo non è esattamente breve, ma sotto la direzione originale e sottilmente folle di Haynes tutto può diventare possibile. In Im’not there, film ispirato alle vicende ed alle suggestioni di Bob Dylan, Richard Gere veste i panni di un vagabondo del Missouri nel 1913. “Quando ho cominciato a leggere la sceneggiatura – racconta l’ex American Gigolò – mi sono chiesto What the fuck is this character??…ma intuivo ciò che Todd voleva fare e come sarebbe stato il suo approccio al film. Adoro la mia parte, si tratta dell’archetipo di Billy the Kid, ma è anche una specie di rock star invecchiata”. Sulle note di Mr. Tambourine Man Billy da corpo alle visioni folk del menestrello Dylan, mettendo in scena un mondo immaginifico dove la musica padroneggia la scena e determina l’intera atmosfera. “Ho sempre sognato di interpretare Miles Davis, ma ci sarebbe qualche problemuccio! Adoro i Rolling Stones, Van Morrison e Bob Dylan che conosco personalmente e che è un amico. Mi piacerebbe portare sullo schermo la storia di Mike Bloomfield, musicista bianco di Chicago. Era un grande del blues e veniva definito Più nero dei neri!”.
di Tiziana Morganti