Tra scontri epici e computer grafica il cinema che fa storia recupera quella velleità istituzionale lasciata a casa in Troy, e la rende personale, come in Alexander. Anche qui è il singolo ad osservare l’evento, naturalmente lo fa da protagonista ed è rappresentato da attori talmente “cool” da poter arrivare alle masse. Il regista che ha raccontato il futuro in Blade Runner questa volta ci riporta all’anno 1184 in un periodo a cavallo tra la seconda e la terza Crociata quando un giovane maniscalco di Provenza (Orlando Bloom) viene chiamato alle armi da un padre mai visto e inaspettatamente blasonato. Baliano di Ibelin, questo il suo nome, viene accolto in una Gerusalemme governata dal saggio re Baldovino (dal volto coperto da una maschera a causa della lebbra), e dall’affascinante sorella Sibylla (Eva Green), sposa promessa del crudele Guido Di Lusignano (Marton Csokas), un nobile maggiormente interessato al trono di Gerusalemme e alle conquiste territoriali che alla convivenza con i musulmani, resa a lungo possibile dal saggio governo di Baldovino. Qualche inesattezza ascrivibile, come ormai troppo spesso capita, viene attribuita a necessità narrative, ma il grande pregio di Scott è quello di adottare un’ottica del rapporto cristiani/musulmani non stereotipata.
La storia del mondo “secondo Hollywood”, ha portato a inevitabili conseguenze sul piano iconografico, oltre che strutturale, specialmente come nel fallimentare caso di King Arthur, dove il regista si faceva portavoce di revisionismi storici in atto per merito di decennali ricerche storiche neanche menzionate nel film. Scott si limita ad utilizzare gli eventi storici come sfondo per un intenso dramma umano ma quando si chiamano in gioco due identità religiose in conflitto non si può peccare di relativismo e noi italiani, da custodi di una ineguagliabile tradizione storica, dobbiamo farci critici spietati. Già usando il termine “Crociata” nel 1184 si compie una prima inesattezza visto che tale nomea non venne mai usata prima del Quattrocento. La sorella di Baldovino lasciò il marito per un altro uomo, che era però non il nostro eroe, bensì Corrado di Monferrato, nemico di Riccardo Cuor Di Leone e da quest’ultimo fatto assassinare. Anche la netta contrapposizione mostrata all’interno dello schieramento cristiano tra morigerati e fondamentalisti non rende merito ai conflitti territoriali che ci furono universalmente all’interno della compagine cristiana. La natura stessa dell’impresa crociata tendeva ad attrarre interessi prettamente politici, portati con più probabilità da cadetti senza terra né legge più che da nobili devoti. Il comando stesso dei territori spettò a principi laici che vedevano nella Crociata la possibilità di saccheggiare le fortune dell’Asia Minore.
Niente buoni né cattivi dunque, ma tanti elementi socio-politici da considerare quando si parla di un preciso periodo storico. D’altro canto nel film di Scott c’è un ottimo recupero della figura del sultano di Siria ed Egitto Salah Ad-Din rappresentato come un sovrano giusto e lungimirante, elemento questo che sembra conciliabile con la realtà dei fatti. In effetti, sebbene i musulmani avessero occupato Gerusalemme dal 638, la loro politica nei confronti dei pellegrini cristiani era di grande tolleranza: i reali problemi durante il viaggio erano causati dai briganti, dalle pessime strade, e da disagi di vario genere. Emblematico il gesto del califfo musulmano Hakim che all’inizio dell’XI secolo fece restaurare le chiese cristiane danneggiate durante la guerra, rendendo sempre più consistente il numero di pellegrini provenienti dalle regioni europee. Una convivenza resa possibile dalla tolleranza di alcuni governi e testimoniata dalle comunità cristiane in territori musulmani come i Copti in Egitto, i Melkiti in Palestina, i Maroniti in Libano e i Caldei in Iraq. Ma l’unico pregio del film di Scott non è nemmeno una novità visto che già Cecil De Mille ne I Crociati del ’35 esaltò la figura del sultano di Siria. Il resto è Hollywood che prende in prestito i costumi a Disneyland, le scene di battaglia ad Il Signore degli anelli e la storia d’amore alla peggiore delle fiction. Considerando che la maschera di Baldovino è più espressiva di Orlando Bloom non possiamo non muovere obiezioni alla scelta del protagonista evidentemente non adatto a ruoli da solista. Eva Green dal suo canto dà scuola di alta recitazione e non sfigura tra mostri sacri come Liam Neeson e Jeremy Irons. Per un film che intende parlare di tolleranza, di cristianità, di ordini come Templari ed Ospitalieri è ingiustificabile fare del semplice intrattenimento. Eppure…
di Alessio Sperati