Applaudito alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia dello scorso anno, A good Lawyer’s Wife di Im Sangsoo arriva nelle nostre sale il 23 luglio, pronto a colpire, stordire, affascinare o lasciare perplessi, ma sicuramente a lasciare un segno. Perché si tratta di un film forte, estremo e duro, che inizia con toni quasi da commedia e gradualmente scivola nel dramma e nell’angoscia, portando lo spettatore con prepotenza dentro agli eventi. E quelli che il regista e sceneggiatore coreano mette in scena, sono eventi quotidiani e comuni, che toccano tutti anche se forse imbarazza ammetterlo: l’insoddisfazione familiare che coinvolge anche il lato sessuale, il trovare altrove appagamento e distrazioni, il dover comunque badare ai proprio doveri di genitore o figlio, l’affrontare imprevisti ed ostacoli improvvisi ed il saper valutare bene le conseguenze dei propri atti, soprattutto se coinvolgono altre persone. Hojung (Moon Sori) e Youngjak (Hwang Jungmin) sono una coppia sposata con un bambino adottivo e formano un nucleo unito ma non solido, ognuno preso dalle sue priorità e trascurando gli affetti della famiglia. È specialmente il marito ad assentarsi spesso e ad essere poco presente, conducendo una doppia vita e incontrandosi di frequente con la sua amante Yeon (Baek Jungrim). La moglie, invece, riempie le sue giornate con la danza e col figlioletto, oltre ad aiutare i suoceri, lui malato ed alcolizzato con un solo mese di vita, lei stanca ma felice di avere una nuova relazione con una vecchio amore del passato.
Nel frattempo, Hojung e Youngjak sono sempre più distanti e anche la sfera intima ne risente, tanto che la donna si lascerà incuriosire e tentare dal suo giovane vicino di casa, un liceale alla scoperta dei primi piaceri sessuali. Ma l’equilibrio della famiglia, già molto precario, si incrinerà sempre di più: Youngjak ha un incidente d’auto mentre è in compagnia dell’amante ed investirà un uomo in bicicletta, scatenando situazioni a catena dal tragico epilogo. Il destino e gli errori umani non si governano, in un crescendo di sofferenza e rabbia che fa perdere la testa e può cambiare le cose in un istante: i due coniugi si troveranno, quindi, ad affrontare una realtà difficile e dolorosa, cercando di aggrapparsi a quel poco che rimane. La pellicola, che smuove emozioni contrastanti, cerca di distaccarsi dai colori e dalle sfumature tipiche del cinema di Hollywood, patinato e studiato ad arte, come afferma lo stesso Sangsoo: «Cerco di mostrare qualcosa di molto diverso dai film americani e non voglio che il mio lavoro sia facile da guardare». Ed infatti La moglie dell’avvocato non ha nulla di “equilibrato” e “morbido”, con la sua violenza, l’abbondante rosso del sangue, i suoi spigoli e la sua nudità nell’esibizione del corpo e nei dialoghi secchi, taglienti e “profondamente leggeri”. Il sesso in apparenza potrebbe sembrare il vero protagonista della vicenda, vissuto come ossessione e sfogo di pulsioni, ma rappresenta anche altro: è lo specchio di ciò che siamo e delle nostre fantasie, una maniera per colmare vuoti interiori nell’illusione che far l’amore possa appianare problemi e risolvere falle morali. Chi si sofferma solo sulle scene erotiche, non centrerebbe l’obiettivo del film: delineare un percorso emotivo e mentale, mostrare cosa accade quando si infrangono le regole e sottolineare quanto sia importante ricevere amore e calore, per soddisfare un desiderio che va molto oltre la fisicità.
di Francesca Palmieri