Boaz Yakin (Fresh , Remember The Titans) ce la mette proprio tutta per far in modo che il suo terzo lungometraggio, Le ragazze dei quartieri alti, conquisti un posto rispettabile e dovuto tra le più classiche commedie americane, senza riuscire nell’intento. Una bionda Brittany Murphy (Molly), graziosa e svampita quanto basta per creare situazioni d’improbabile disordine casalingo e mentale, ed una giovanissima Dakota Fanning (Ray), bambina prodigio per petulanza e maniacalità, costituiscono un duo che non regala vivacità ed ilarità ad una vicenda che scorre fin troppo lentamente lungo i percorsi di una facile conclusione sentimentale. Senza alcuna pretesa lo si potrebbe identificare come un film piacevole e godibile se non fosse per la minaccia di uno stato di apatia eternamente in agguato. La storia, determinata dall’incontro/scontro di un’adulta viziata ed ostinatamente infantile con una bambina paurosamente proiettata verso una realtà pianificata ed asettica ed il loro mutare grazie ad una lenta comprensione, conduce, quasi inevitabilmente, allo sbadiglio ed alla rassegnazione di fronte all’eterna vicenda che si srotola lungo leggi e codici narrativi applicati fin dall’origine dei tempi. «I fondamentali sono la base del divertimento» è la frase che maggiormente risuona tra le battute del film. Un vademecum che il regista sembra aver preso ed utilizzato per la realizzazione di quest’opera anomala ed anonima. Infatti, nonostante l’indubbio talento di Dakota Fanning (Man Of Fire, Il gatto e il cappello matto, Mi chiamo Sam) , comunque punito da un ruolo stereotipato già interpretato al cinema da stuoli di piccole star nascenti, il problema effettivo si annida all’interno di una sceneggiatura incapace di esaltare l’elemento favolistico e magico dell’incontro tra due diverse tipologie femminili, senza ricorrere all’utilizzo di elementi mielosi ed ammiccanti. Due personalità incomplete, sole nella loro agiatezza tra psicosi che si evolvono in una atmosfera mai decisamente drammatica o ilare, ossessionate dallo shopping e dall’igiene delineano, attraverso un inno al sacro valore dell’amicizia, la strada verso la definitiva comprensione delle proprie esistenze, senza rinunciare alla più classica delle storie d’amore. Un intreccio narrativo che definire originale risulterebbe quantomeno paradossale. A voler essere positivi e particolarmente ottimisti Le ragazze dei quartieri altipotrebbe essere considerato come una versione al femminile di About a Boy dove ogni elemento viene dosato con un’attenzione e perfezione che mira alla facile conquista del botteghino. Una miscela, comunque, che priva della quasi naturale perfidia maschile interpretata da Hugh Grant, Brittany Murphy (8mile, Don’t Say a Word) non riesce proprio ad avere il ‘fisique du role’ di una giovane ed ingenua sprovveduta, rischia di apportare come unico risultato un imperante oblio.
di Tiziana Morganti