Vivere l’esperienza di questo film è come incontrare un uomo dal viso emaciato ed il corpo scheletrico, entrare un po’ alla volta nelle sue giornate senza fine né sosta, fino a vedere le sue angosce e riconoscere gli ingranaggi della sua mente lacerata. E di lacerazione sono piene molte immagini di questo ottimo film di Brad Anderson, sia in senso fisico (visi graffiati, arti dilaniati, corpi sanguinanti) che figurato (intense e dolorose espressioni rese con lo sguardo e con le fantasie diventate realtà). È la storia di un uomo, perseguitato dalle sue stesse fantasie, addirittura inconsapevole delle sue azioni, e del senso di colpa che lo sta letteralmente consumando vivo. Una storia intrisa di soffocante atmosfera ed oscuri presentimenti, che diventa un thriller imprevedibile in cui niente è come sembra ed in cui, solo alla fine, ogni cosa torna al suo posto. Il tutto è raccontato seguendo un andamento ipnotico, dal sapore introspettivo, che nulla ha a che vedere con la velocità di thriller dozzinali e un po’ scontati.
Tanto è diventato questo film da quando è stato presentato come un compito in classe da Scott Kosar alla U.C.L.A.. Inizialmente, parole sue, doveva essere una storia su un uomo che stava morendo di insonnia, assomigliava ad una confessione. Un modo per Kosar per affrontare il dolore della madre scomparsa da meno di un anno, lo scrivere una storia che avesse qualcosa di tutti i suoi miti, de L’inquilino del terzo piano di Polanski, de L’amico americanodi Wenders e de Il doppio di Dostoievsky. Christian Bale è incredibilmente convincente e se è vero che l’ultima tendenza nell’assegnazione del premio Oscar è all’attore che riesce più di tutti a modificare il proprio aspetto fino a rendersi irriconoscibile, allora è Bale uno dei migliori candidati. Pensarlo nei panni di Batman, dopo L’uomo senza sonno sembra impossibile. Nulla da eccepire anche sulle abilità registiche di Brad Anderson. Se il suo intento era, come da recenti dichiarazioni, «creare un “sottile incubo”, in cui suspense drammatica e senso dell’orrore scaturiscono da situazioni quotidiane», non possiamo che rilevarne la piena realizzazione.
di Caterina Pacenza