“Perché girare un film sulla vita di Maradona? Una volta tanto volevo fare un film che avesse un successo economico al botteghino”. Marco Risi sembra rispondere più a se stesso che non alle sollecitudine della stampa. Certo è che dal regista di Soldati, 365 giorni all’alba e di Mary per sempre, così interessato ed attratto dagli aspetti e dalle sfumature sociali di una storia, proprio non te lo aspetti un film dedicato alla più grande leggenda vivente del calcio moderno. E’ pur vero che, analizzando la personalità complessa di Maradona, ricordando la situazione di povertà e desolazione culturale da cui proviene, è possibile riconoscere in lui uno di quei Ragazzi fuori, che ce l’ha fatta grazie ad un talento sportivo. Ecco trovato il senso di un film che, pur non avendolo entusiasmato immediatamente, ha saputo conquistare l’attenzione di un regista non facile da circuire. Maradona, la mano de dios, distribuito dalla 01 Distribution il 30 marzo con 130 copie circa, deve la sua realizzazione ad una sceneggiatura tanto efficace da stimolare la curiosità di Risi e ad un protagonista unico che, a causa di atteggiamenti non sempre condivisibili, già da molto poteva essere considerato come un eroe cinematografico. Lo hanno chiamato “il pibe de oro”, “o re” e per finire proprio “la mano de Dios” grazie al famoso goal di mano realizzato ai danni dell’Inghilterra durante i Mondiali di calcio in Messico del 1986. Diego Armando Maradonaè probabilmente il calcio in senso assoluto, una stella indiscussa a livello mondiale, ma oltre alle sue prodezze in campo ( ha vinto scudetto, Coppa Italia e Coppa Uefa solo con il Napoli), Diegito ha fatto parlare di se anche per una vita sregolata condotta all’insegna dell’esagerazione tra la dipendenza alla droga, problemi fiscali e un figlio italiano riconosciuto con difficoltà. ” Claudia era molto preoccupata per quello che ne sarebbe venuto fuori e soprattutto per la tranquillità della figlia Dalma, assolutamente contraria alla distribuzione in Argentina – ricorda Risi – Alla fine hanno accettato apportando dei piccoli cambiamenti in sceneggiatura. Alcuni ho deciso di rispettarli, mentre altri ho cercato di bissarli.” Nell’occhio del ciclone naturalmente il rapporto distruttivo con la cocaina, iniziato mentre giocava nel Barcelona, ma Risi ha evitato qualsiasi visione pruriginosa e scandalistica degli eventi trattati. Il film prende inizio dall’infanzia povera e difficile in Argentina, dalla polvere dei campetti di una borgata di Buenos Aires per arrivare alla grandiosità quasi gladiatoria di stadi inneggianti il suo nome.
Ma è proprio nel momento dorato, nella creazione e nell’esaltazione del mito che l’uomo cade travolto dal un vago senso di super omismo, scoprendo quanto può essere difficile essere ciò che si rappresenta. ” Ho incontrato Maradona una sola volta prima di iniziare questo film – continua – E’ stato il 14 luglio del 2005 grazie all’intervento di Gianni Minà e di alcuni conoscenti comuni. Volevo che capisse il mio punto di vista, che comprendesse come tutto si sarebbe svolto nel rispetto della sua vita. Ma l’unica cosa che le premeva era che Claudia fosse d’accordo” Nonostante varie promesse di visite sul set, il campione non si è fatto vedere nelle nove settimane complessive in cui tutta la troupe è rimasta ferma a Buenos Aires per terminare le riprese, mandando in fumo un finale suggestivo che aveva preso piede nella mente di Risi. Comunque, da quell’unico incontro ne deriva l’opinione ” di una persona intelligente, curiosa, capace di ridere delle cose giuste ma comunque sola. Dice esattamente ciò che pensa, e in un mondo in cui tutti dicono solo ciò che si vuol sentire uno così mi piace.” Ma attenzione a non cadere nella santificazione, a non lasciarsi conquistare dalle sue acrobazie calcistiche che sembrano avere quasi una derivazione divina. Dietro il campione si nasconde comunque la responsabilità di un uomo che, divenuto mito, rappresenta un esempio per molti giovani sportivi e non. Forse troppo indulgente su questo punto l’opinione espressa da Risi: ” Lui non ha mai fatto del male a nessuno. Tirava cocaina, ma almeno non aveva incarichi di governo. Ha fatto del male solo a se stesso. Non ha mai tirato per giocare meglio, anzi la droga ha in parte accorciato la sua carriera. Se avesse condotto un altro tipo di vita avrebbe potuto continuare a giocare fino a 38 anni.” In Argentina come a Napoli, seguendo un parallelo invisibile, il personaggio di Maradona ha assunto quasi una connotazione divina. A Buenos Aires c’è una chiesa dove si pratica il rito maradoniano, mentre a Napoli il campione si è guadagnato già da molto un posto tra le statuine del presepe. Ma al di là di tutto questo chi è il Maradona pensato, amato e raffigurato in questo film? ” Non volevo che lui fosse perfettamente vero. Volevo piuttosto che, guardandosi, potesse riconoscere la sua essenza anche in fatti che non rispettano la veridicità storica.” Non è difficile pronosticare per questo film un percorso internazionale vista la fama del suo protagonista, per l’occasione interpretato da Marco Leonardi. Per ora la distribuzione ha riservato un’attenzione particolare alla città di Napoli. Infatti per giovedì sera è stata organizzata un’anteprima con due spettacoli ad esaurimento posti.
di Tiziana Morganti