Il pastore protestante Ivan (un sublime Mads Mikkelsen), subisce l’incarico di sorvegliare per qualche mese il neonazista Adam (il glaciale Ulrich Thomsen) affinché questi si redima dopo la prigione. La piccola comunità di padre Ivan è composta anche dal ciccione cleptomane Gunnar (Nicolas Bro) e da Khalid (Ali Kazim), pseudo terrorista le cui frasi sono composte al 90% da parolacce. Si aggiungerà ai quattro “sfigati” una donna, Sarah (Paprika Steen), indecisa se abortire o meno. L’obiettivo del burbero Adam è farsi gioco di Ivan esprimendo il desiderio di fare una torta con le mele dell’albero più bello di quest’ultimo. Non sarà così facile, infatti l’albero prima sarà invaso dai corvi, poi dai vermi, infine distrutto da un fulmine. Ivan vede in tutto ciò lo zampino del diavolo, questo è il solo modo che conosca per spiegare “razionalmente” gli eventi più tragici che lo colpiscono da vicino (così come farà per il suicidio della moglie e la paralisi del figlio). La sua fede incrollabile sarà messa a dura prova dal fanatico Adam che incarnando da un lato il male in senso classico (nella sua stanza sostituisce il crocifisso con un ritratto di Hitler), dall’altro è in realtà l’angelo custode, la coscienza che salverà Ivan da se stesso e dalla propria ipocrisia. Brillantissima black comedy scorretta fino al midollo, fedele a se stessa dall’inizio alla fine.
Grottesca l’eterna lotta tra bene e male, il cattivo più cattivo scoprirà di non essere del tutto malvagio (né poi tanto razzista), il buono più buono (ma buonista sarebbe il termine più adeguato), spesso vittima di improvvisi quanto immotivati scatti d’ira (esilaranti a dir poco), si scoprirà un tantino più bastardello del previsto (nonché più vero e sincero). La redenzione di tutti si compirà ovviamente con modalità bizzarre e improbabili (specialmente nel caso di Ivan), tenendo fede al tono dissacrante dell’intero film. Dialoghi efferati, per tutti valgano quelli col dottore, che scaraventano davanti alle verità più fastidiose, e per questo irrinunciabili. Molte le scene violente, più pulp che commedia. Rischiano infatti di cozzare con l’impronta divertente del film esplodendo improvvise e a volte fuori contesto. Il regista Anders Thomas Jensen, uno degli autori di maggior successo del movimento Dogma, con questo sincero racconto raccoglie un ricco bottino di premi in manifestazioni come il Sundance, il festival di Toronto e il Danish Academy Awards, affermandosi qui primo come miglior film, miglior sceneggiatura e premio del pubblico. Finalmente un film davvero cattivo (leggi sincero).
di Claudia Lobina