Costato alla Pablo Film appena duecentocinquantamila euro, attori con paga sindacale e alla regia due cinefili e critici cinematografici Serafino Murri e Claudio Fausti: sembra un ricordo della “Nouvelle Vague” ma è una realtà italiana o meglio è la cifra stilistica del film Movimenti prodotto da Gianluca Arcopinto, uno dei pochi produttori che rischiano su progetti innovativi e “non allineati” alle esigenze del botteghino, una rarità per la recente cinematografia italiana. Il film è stato girato interamente in digitale utilizzando tre macchine da presa che scrutano e seguono i movimenti dei personaggi sorpresi nel vortice delle loro esistenze squassate e sfilacciate in tanti segmenti impazziti, delle monadi che si incontrano, si scontrano ma che non riescono a comunicare, ad interagire. E così assistiamo al naufragio di una “serata bastarda” in cui i personaggi mettono a nudo le loro debolezze e le loro fragilità tanto da sentirsi inadeguati di fronte a situazioni importanti: il rapporto di coppia tra Marcello (interpretato da Fabrizio Gifuni che ci regala sempre delle ottime performance attoriali) e Cate (Cecilia Dazzi); il sogno di una vita avventurosa con la passione per la musica jazz e per il pugilato di Hoss (Hossein Taheri) e di Gabo (Gabriele Parrillo) dimentico dei suoi doveri di padre; l’incontro tra Tommi e Andrea due fratelli che si ritrovano in una (inutile) attesa di un padre americano in viaggio a Roma per presenziare una mostra di pittura contemporanea. Da sfondo una Roma onirica e il suono della radio di un fantomatico DJ Zippetta una specie di grillo parlante che richiama tutti alla riflessione sulle miserie dell’uomo. I personaggi sono sopraffatti da un atavico infantilismo e dall’angoscia di una vita senza debutto che li fa stare sempre “fuori fuoco”, questo reso tecnicamente dall’uso sapiente delle tre macchine da presa che seguono tutte le sfumature emozionali degli attori non sempre consapevoli delle angolazioni di ripresa, moltiplicando le prospettive di visione e frammentando la scena nel tentativo (riuscito) di liberare i personaggi da schemi rigidi di recitazione e al tempo stesso modificando la fruizione dell’immagine da parte dello spettatore. In questo modo gli attori sono diventati co-autori nel workshop che ha preceduto le riprese del film, creando personaggi a tutto tondo con una recitazione che parte dal copione fino ad arrivare a giochi di improvvisazione derivanti dagli stati d’animo degli stessi attori. Un’opera prima assai interessante: Movimenti è dedicato a chi sa guardare.
di Natalia Sangiorgi