Onore al merito per il regista Francesco Ranieri Martinotti e, fra gli altri, per il cabarettista Alessandro Siani. Questo è un film piccolo piccolo, ma solo se ci si riferisce al budget e all’uso del digitale, che in parte penalizza luci e paesaggio altrimenti molto più suggestivi. I temi affrontati sono quelli ormai iperabusati delle crisi in cui sembrano incappare costantemente i trentenni d’oggi, crisi di coppia, crisi lavorativa, crisi d’identità, un prolungarsi eccessivo della permanenza tra le fin troppo rassicuranti mura domestiche. E così la difficoltà di mandare avanti un rapporto (il protagonista viene lasciato perché troppo amato) o semplicemente di iniziarlo (ogni scusa è buona per non imbarcarsi in nuove storie). L’attuale sindrome di Peter Pan, che come il film sottolinea sembra colpire in prevalenza gli esemplari maschi, viene però mostrata con simpatia e leggerezza, senza troppi onanismi mentali, ma con l’irriverenza e l’allegria che si confacciano alle commedie napoletane. Tuttavia proprio l’impiego del dialetto può rendere difficile la totale comprensione delle battute, ma per questo corre in aiuto la straordinaria mimica facciale dell’attore protagonista Siani e di gran parte del cast (ad eccezione delle bellocce di turno Maria Mazza e Mariana Braga). C’è la paura di iniziare un rapporto che possa definirsi serio ma al tempo stesso la voglia di riniziare con la persona giusta, purché non si parli di matrimonio…
La storia sgangherata è quella di Mariano che in un solo colpo perde fidanzata e lavoro, deluso da tutto, meno che dai suoi due fedelissimi amici, trova la voglia di un nuovo amore con la bella brasiliana Ana Paula, ma nonostante il grande amore che li unisce le nozze paiono ancora una lontana possibilità. Stereotipati i tre “uomini” del film. Il padre di famiglia succube di volontà impostegli da una moglie petulante e incapace di portare i pantaloni in famiglia, l’impunito dongiovanni pronto a scappare di fronte all’eventualità di diventare padre, inadatto nel lavoro, ignorante e puerile. Dulcis in fundo il nostro romantico sognatore, prima lavoratore precario poi disoccupato che bivacca beato tra gli agi familiari. Il limite che colpisce i personaggi maschili è lo stesso dei personaggi femminili, che a loro volta paiono macchiette. La ex di buona famiglia che pensa solo al raggiungimento della laurea e a sposare l’idiota di turno pieno di soldi che non ama e non stima, la brasiliana vergine (sì avete letto bene) che aspetta il vero amore per concedersi anima e corpo (!?). Nonostante evidenti grossolanità il risultato finale è comunque uno spassoso intrattenimento che non farà riflettere in maniera seria o seriosa sulle attuali difficoltà giovanili, ma spensierata senz’altro.
di Claudia Lobina