Come giustificare i cinque anni di inattività di un regista come Richard Donner, presente in ogni videoteca del pianeta con film come Superman o Arma Letale? Impossibile. Ancor di più il pensare al suo ritorno con un film come Timeline, specie sapendo che lo scheletro del racconto proviene dalla penna di uno dei più quotati ‘intrattenitori letterari’, Michael Crichton. L’azione di questo pseudo-historical/action-movie è mal distribuita e mal preparata da premesse che raramente stanno in piedi: le corde dell’assurdo si tendono troppo spesso entro limiti estremi, e non sempre il ‘non-sense’ del ‘romanzato’ trova giustificazione. Si accetta una carenza narrativa qualora il film si precluda la via della credibilità, per quella del ‘divertissement’, ma non è questo il caso. La noia che caratterizza il film per quasi tutta la sua durata, viene meno solo nella scena finale, quella di una battaglia medioevale girata con arguzia e con effetti speciali artigianali, tra i quali spiccano veri trabocchi che squarciano fortificazioni murarie con vere pietre infuocate. Non si accettano tuttavia alcune discrepanze e semplificazioni, come gli occhiali del professor Johnston lasciati come traccia in uno scrigno e rimasti lì per seicento anni, come ‘messaggio’ per i suoi studenti. Rimarrà deluso chi spererà di ritrovare quella magia espressiva e poetica contaminazione presente in Ladyhawke, gioiellino in costume dello stesso Donner, così come rimarrà deluso chi spererà di ‘leggere visivamente’ uno dei suoi autori preferiti, Michael Crichton, tali e tante le licenze poetiche che la resa cinematografica si è arrogata ai fini della chiusura del cerchio. La mancanza di una presenza storica e di scene di giusta ampiezza, fanno tornare alla memoria uno dei film meno riusciti di Terry Gilliam, quel Time Bandits, ricordato a volte solo per l’autorevole firma. Paul Walker, che ci iniziò a parlare di questo film in occasione della conferenza romana di 2Fast 2Furious, si limita a porre sé stesso entro i limiti crittografici della scenografia, non accennando minimamente ad una qualsivoglia recitazione o movenza fisiognomica, più di ogni altro tra gli ‘intrusi’, mostra lo iato, la frattura tra le due epoche, tanto da sembrare appena sceso da una Toyota Supra. Timeline non è facilmente accomunabile ad alcun precedente, viste le sue fastose quanto deludenti premesse e la sua pretesa autorevolezza: non c’è il semplicistico divertimento de Il destino di un cavaliere, né quella sana commedia alla francese portata da un Jean Reno novello cavaliere spaesato ne I visitatori di Jean-Marie Poiré. Il film di Donner si mostra come una caotica, pretestuosa creazione artistica volta a mostrare pretese sceniche più che storiche, dialogiche più che dialettiche, finendo per tradire ogni ipotetica aspettativa dettata dai curricula dei personaggi coinvolti nel progetto.
di Alessio Sperati