Squadra che vince non si cambia. Su questo particolare Steven Soderbergh era stato chiaro fin dall’inizio. E per inizio si intende la fine delle riprese di Ocean’s 12 durante le quali il regista ha avvisato la sua “banda” di tenersi a disposizione per il prossimo e,a quanto sembra, definitivo capitolo. Da voci più che sicure questa volta il “the end” sembra essere irrevocabile. I signori della truffa più affascinanti e seducenti della storia del cinema lasciano la scena e lo fanno nel migliore dei modi con classe, glamour ed assoluto divertimento. Puntando tutto sul numero 13 e sfidando la sorte con il suo diciassettesimo film, Soderbergh e compagni sbancano il banco danno vita ad una storia piena di stile, ritmo ed appeal. Dopo il tour europeo si torna ad una ambientazione fatta di luci, lustrini e casinò grazie ai quali Las Vegas prende vita nelle lunghe notti di eccessi ed azzardo. Sceneggiatura, scenografia, fotografia e montaggio risentono completamente di questa scelta particolarmente felice. Il secondo capitolo troppo lungo, sfilacciato e poco convincente nell’intreccio come nella scelta stilistica è un lontano e vago ricordo. Clooney e soci si riappropriano dello swing che caratterizzò il ritmo e l’andamento del capitolo Eleven, spingendo ulteriormente durante la messa in scena del piano. Come da copione Soderbergh non ha alcuna fretta di bruciare i momenti più esilaranti. Scopre le sue carte con cautela, arriva anche a barare attraverso un sofisticato e moderno gioco di inquadrature scomposte per divertire con l’arguzia di doppi sensi e battute che denotano l’affiatamento del gruppo. In fin dei conti, per dirla con il linguaggio dei ladri gentiluomini, si concede un “Mike Tyson”, ossia una seconda possibilità o più precisamente la terza per chiudere con coraggio una saga più che proficua dal punto di vista economico. Ma a fare veramente la differenza è una sceneggiatura costruita con particolare attenzione nei confronti dell’atmosfera e dei personaggi. Brian Kopelman e David Levien sembrano essersi preparati da sempre per un occasione del genere. Autori di Il Giocatore, hanno studiato a fondo la cultura di Las Vegas e lo stile di vita dei giocatori d’azzardo. Dal loro incontro con Soderbergh, trasformatosi in un colpo di fulmine professionale, i due sono riusciti a visualizzare l’evoluzione naturale subita dai personaggi in questi anni e ad individuare l’inaspettata ed efficace motivazione dell’amicizia per mettere a segno l’ultimo colpo gobbo ai danni di Al Pacino. Tra gli ammiccamenti ed i consolidati giochi di parole che da sempre ravvivano la coppia Clooney/Pitt questa volta s’inserisce anche il jolly Matt Damon. Il suo Linus rimasto un po’ defilato nei capitoli precedenti, questa volta conquista terreno e si fa protagonista di una sfida seduttiva ai danni di un Ellen Barkin soggiogata e stordita da un particolare profumo a base di feromoni eccitanti. A dirla tutta poi non mancano nemmeno i riferimenti alla vita personale di alcuni protagonisti. Se Rusty raccomanda a Danny di non ingrassare tra un lavoro e l’altro, questo gli consiglia di mettere in cantiere un paio di bambini. Il tutto con il coinvolgente ed evocativo sottofondo musicale di The Voice. Tanto per chiarire che partiti proprio da Sinatra ( Ocean’s Eleven è il remake di Colpo Grosso, 1960) a Sinatra si torna attraverso un particolare e sofisticato gioco di tributi a l’uomo che, più di ogni altro, incarnò l’anima lucente ed ambigua di Las Vegas.
di Tiziana Morganti