Certamente una New York così non si è mai vista. Assente dagli ormai storici affreschi cittadini di Woody Allen, vagamente occhieggiante in alcune sfumature erotiche che hanno dettato la modernità narrativa di Sex and The City, il cuore sessuale della città che non dorme mai si espone allo sguardo di molti lasciando esterefatti e vagamente delusi. Nonostante una chiara esposizione di corpi, particolari anatomici e di ferventi ed incessanti attività sessuali, l’erotismo, il piacere e perfino lo scandalo albergano in luoghi lontani mille miglia dal film di John Cameron Mitchell. Nonostante lo sconcerto da parte di molti esercenti italiani e la titubanza di inserirlo nella loro programmazione, Shortbus è ben distante dal poter suscitare scandalo, non irrompendo mai nell’immaginario del pubblico come una visione spudorata ed innovativa. Se è vero che l’erotismo alberga nella mente e nella fantasia più che in un corpo nudo chiaramente esibito o in una intensa attività sessuale al limite di record olimpici, è evidente che l’ultimo film di Mitchell non accende mente e corpo, riuscendo al massimo ad annoiare con una visione malinconica e solitaria della sessualità. Nonostante un buon primo quarto d’ora in cui la città viene presentata quasi come un plastico multicolorato attraverso il quale è possibile spiare nelle vite dei personaggi che vengono presentati con ritmo incalzante e coinvolgente, il resto del film si avvia verso uno strapiombo narrativo inevitabile, dove ad attenderlo c’è l’eterna problematica sul raggiungimento del piacere femminile, nonchè una serie di figure capaci di sviluppare solamente luoghi comuni visti e trattati fino all’inverosimile. Dalla coppia gay con problemi d’intimità e comunicazione, alla dominatrice frustrata da un’ adolescenza di violenze familiari, fino ad una terapeuta del sesso “castrata” da una rigida educazione orientale, Mitchellprobabilmente vuol mostrare come anche sotto le lenzuola l’uomo è profondamente ciò che lo circonda. Incamerata anche questa ennesima “perla” di saggezza oramai nota a molti, non rimane altro che sorbirsi un interminabile ( il film dura 102 minuti che hanno la capacità di sembrare il doppio) via vai all’interno di un locale dove le intemperanze, i desideri ed ed i bisogni vengono soddisfatti in una solitaria ricerca nonostante l’apparente appartenenza ad una molteplicità sessuale. Uno spettacolo che obiettivamente lascia un sentore di malinconia molto forte, al di sopra della quale aleggia il fantasma della solitudine e delle difficoltà nei rapporti interpersonali. E dire che Mitchell rimprovera al cinema erotico europeo un pessimismo eccessivo.
di Tiziana Morganti