Torna la commedia agro-dolce di Paolo Virzì, il suo sguardo ironico e compassionevole sull’Italia che stiamo vivendo, sullo spirito del tempo. Una fotografia cinica, onesta, crudele del mondo che ci circonda che il regista toscano ha iniziato nel 1994 con La Bella Vita e ha poi proseguito scrupolosamente film dopo film, anche stavolta, affidando nuovamente i ruoli da protagonisti alla coppia Sabrina Ferilli–Massimo Ghini. Per questa pellicola che dal 28 marzo Medusa distribuisce in 350 copie, ha scelto un titolo ironico, beffardo, Tutta la vita davanti, rivolto ai giovani e a ciò che li aspetta, ossia lavoro precario a oltranza, a quanto viene loro precluso. La voce narrante (e un po’ invadente, ma guai a contestarla a Virzì che la difende come fosse il suo marchio di fabbrica) di Laura Morante secondo il regista serve a dare al film il tono di fiaba ironica e un po’ perfida che ha per protagonista Marta (Isabella Ragonese) neolaureata con 110 e lode in filosofia, e l’accompagna verso la discesa nell’inferno di un call center. Negatole l’accesso all’insegnamento universitario e scolastico, all’editoria, l’intelligentissima e colta fanciulla venuta dal sud per sopravvivere nella capitale va a fare la babysitter da una ragazza madre svitata (Micaela Ramazzotti) che di giorno lavora come centralinista e di notte nei night e che oltre a vitto e alloggio l’introduce nel surreale mondo del lavoro precario.
Dovrà vendere via telefono a sprovvedute casalinghe costosi elettrodomestici tarocchi, strappare ai colleghi il titolo di venditore del mese, entrare nelle grazie dell’invadente e burina caposquadra Daniela (Ferilli), del carismatico boss Claudio (Ghini) del timido con sorpresa sindacalista (Mastandrea) del super-venditore Lucio (Elio Germano). Tra ex compagni di studi vip già con super carriere, e neocompagne di lavoro che non perdono una puntata del Grande Fratello, Marta cresce, fa il punto e punta su più seri obiettivi. “Il tema del film più che il lavoro è la vita – spiega Virzì-, osservata sul campo. Tanti ragazzi meritevoli sono condannati all’odissea del precariato, una cosa epocale, esistenziale, ma il nostro sguardo è più ampio. Ho fotografato quattro generazioni di donne diversamente ferite, nel film c’è la medicina contro la solitudine. Il lavoro se non è esperienza di relazione non è progresso, non è civiltà. Noi siamo il paese dei servizi, della flessibilità ma se l’aumento del prodotto lordo non corrisponde all’aumento della qualità della vita serve a poco. L’ingiustizia oggi è più beffarda perché ammantata di scintillio”. “Spero che il film accenda una lampadina , bisogna ragionare sempre, il cervello ce l’abbiamo tutti, usiamolo. Nel film siamo tutti sullo stesso piano per la difficoltà di raggiungere una meta, che dovrebbe essere garantita a tutti e invece non lo è” sottolinea Sabrina Ferilli, che torna al cinema ormai quasi solo con Virzì. “Il coraggio di fare certe scelte viene dalla fiducia nei principi, nelle persone, nelle storie scritte bene. Sono stata tanto lontana dal cinema perché la tv mi ha dato maggior autonomia nelle scelte dei personaggi” spiega l’attrice romana, che infatti sta girando l’ennesima fiction (brillante) per Canale 5, Anna e i 5 diretta da Monica Vullo.
di Betty Giuliani