Uzak è un film creato essenzialmente da immagini di splendente bellezza, quasi dei dipinti o delle fotografie d’arte scattate dallo stesso protagonista che di mestiere fa appunto il fotografo. Uno sguardo sincero e reale su un angolo di mondo, su uno spaccato sociale, sull’esistenza di due esseri umani opposti per carattere e sensazioni, ma accomunati da un’insormontabile difficoltà nel comunicare con gli altri e con se stessi. I due, infatti, pur ritrovandosi a condividere lo stesso appartamento, si evitano, si nascondono e mentono l’un l’altro, si cercano per poi allontanarsi, conducono due vite che si sfiorano ma non riescono mai ad incrociarsi. Il regista Nuri Bilge Ceylan, privilegiando le inquadrature fisse, i lunghi silenzi, i gesti apparentemente meno interessanti, comuni, riesce a trasmettere in pieno il disagio esistenziale vissuto dai due uomini protagonisti del racconto, un disagio che, pur connotato geograficamente nella realtà sociale turca, assume immediatamente caratteristiche assolute, generali. Nonostante quest’intento universalizzante, il regista presta grande attenzione alla descrizione di luoghi e ambienti, anzi sembra che sia proprio attraverso la presentazione dei particolari che voglia far assumere al film un significato più ampio e profondo. Impreziosito da una fotografia estetizzante e luminosa che avvolge paesaggi di concreta bellezza e dalla recitazione naturale e allo stesso tempo intensa dei due magnifici interpreti Muzzafer Ozdemir e Mehmet Emin Toprak (quest’ultimo morto in un incidente stradale prima ancora di ricevere il premio ex-equo con il collega al Festival di Cannes 2003), il film Uzak si rivela un’opera unica e necessaria, un racconto non banale sulla fragilità dell’esistenza umana (paradossalmente simboleggiata dalla tragica fine a cui è destinato un topolino) e sulle difficoltà di relazione interpersonale. Inoltre permette finalmente allo spettatore di apprezzare una cinematografia poco conosciuta come quella turca, che sempre più spesso ci offre gemme preziose ed originali, come ad esempio il film Fango (Çamur) visto all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
di Simone Carletti