“Siamo tutti appesi a un filo. La prevenzione può fare molto”. E molto può fare anche la generosità della gente, per aiutare la ricerca a trovare al più presto una soluzione a malattie genetiche terribili, come la fibrosi cistica. Carlo Verdone prova a sensibilizzare i telespettatori sul problema che coinvolge milioni di persone, soprattutto giovani, con uno spot che invita a donare fino al 20 ottobre un paio di euro via sms o da telefono di casa al numero 45507. La gag dell’attore (prodotta dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica Onlus), non è un semplice cortometraggio diretto dal critico cinematografico Giovanni Bogani (nato da un’idea dello stesso Verdone e dell’amico, l’avvocato fiorentino Renzo Gambi), ma un ciak dedicato alla ricerca per la grave malattia genetica più diffusa al mondo. “Più aiutiamo la ricerca è più possibilità ci sono di trovare soluzioni valide – dice l’attore presentando la campagna -.
Lo Stato ha fatto tanto, ma per mandare via i ricercatori” sottolinea giustamente polemico. Si è stupito apprendendo dai responsabili della fondazione Matteo Marzotto e Graziella Borgo, che una persona su due è portatrice sana del terribile gene, e non lo sa. “Ho sempre pensato che per una persona come me che in trent’anni di lavoro ha ricevuto tanto dalla gente, arriva il momento in cui deve dare qualcosa indietro agli altri”. E lui di campagne di sensibilizzazione ne ha già fatte parecchie. Mentre chi ci governa resta sordo da quell’orecchio. “Lo stato fa troppi tagli dissennati alla ricerca – sostiene Verdone, costringendo noi cittadini a intervenire per dare una mano. Non taglia invece certe pensioni milionarie che gridano vendetta. Appena uscito lo spot oltre un migliaio di persone ha visitato il sito della Fondazione. Speriamo che questo appello abbia successo. Chi darà una mano farà certamente un’opera di bene perché ci sono tanti progetti validi da sostenere”.
“L’Italia ha una capacità tecnico-scientifica molto elevata e ci sono tante strutture –sostiene Marzotto -. E’ chiaro che non è mai abbastanza, come nel caso della fibrosi cistica, quando c’è un soggetto privato forte catalizzatore di risorse questo aiuta molto. Per questa malattia in Italia ci sono strutture di rilevanza mondiale, in ogni regione c’è almeno un centro di riferimento pubblico molto avanzato cui potersi rivolgere”. Scoprire se si è portatori sani è ancora complicato “L’analisi richiede un semplice prelievo di sangue, ma lo sviluppo di questa ricerca è molto complesso e costoso – ammette Marzotto -. In alcune regioni si stanno facendo già degli screening prenatali importanti, con la Fondazione stiamo cercando di capire come poterli estendere a tutto il territorio nazionale”. Non crocefigge del tutto lo Stato per i tagli alla ricerca. “Fa parte del momento storico che stiamo vivendo, ma in una scala ideale di priorità – aggiunge -, attuare tagli lineari lì significa massacrare un po’ la capacità del nostro paese di rimanere tra i più avanzati del mondo in certi settori”.
Nello spot Verdone dà sfogo alla sua passione: indossa il camice da medico e dispensa consigli telefonici a un paziente. Abbiamo dunque acquistato un grande attore, un bravo regista ma perso un grande medico? “No – si schermisce lui -, nella vita non si possono fare bene due cose, e io mi sono impegnato al massimo col cinema. La medicina è sempre stata una mia passione, e qualche mia intuizione diciamo che ha salvato la vita ad almeno tre miei amici, perché li ho spediti dal medico al momento giusto”. E allora perché non ha scelto di farlo in prima persona? “Mia madre era amica di grandi luminari, venivano tutti a casa nostra negli anni ’60 – ricorda Verdone -. Ma io, malgrado l’attrazione, non avrei mai sopportato gli esami di anatomia”.