Amore, morte, sesso, tradimento, l’ossessione per il teatro, il tentativo di ghermire la giovinezza, irrompono sulla scena dell’ultimo (per ora) episodio del Commissario Montalbano, il metodo Catalanotti, in onda su Rai1 l’8 marzo. Stessa squadra, stesse atmosfere, tante novità in questo film tratto dal terz’ultimo romanzo di Andrea Camilleri, sempre interpretato ma stavolta anche diretto da Luca Zingaretti dopo l’improvvisa scomparsa del regista Alberto Sironi. Una sorta di testamento che riunisce tutti i temi che hanno reso celebri i racconti dello scomparso scrittore siciliano da cui ha preso vita una saga ormai ventennale, carica di ironia, che in questa trentasettesima serie mostra una crepa: la perdita di controllo del compassato commissario stravolto dalla passione per una giovane collega, interpretata dalla sensuale Greta Scarano, tra lo sconcerto dei colleghi Mimì Augello (Cesare Bocci) e Fazio (Peppino Mazzotta), del fido Catarella (Angelo Russo). Un sentimento talmente forte che mette in discussione anche l’attaccamento al lavoro e alla compagna di sempre Livia (Sonia Bergamasco), alla sua terra, che Salvo sarà pronto ad abbandonare per seguire la giovane amata.
Probabilmente non sarà l’ultima puntata perché, assicura il produttore Carlo Degli Esposti “Montalbano è eterno e una volta sconfitto il covid si potrà pensare al futuro”.
Zingaretti, siamo davvero all’epilogo?
E’ una cavalcata che sta per finire, o forse no, ci sono altri due romanzi, Il cuoco dell’Alcyon e Riccardino, mai dire mai.
Cosa c’è di nuovo in questo telefilm?
Camilleri ci ha abituati a un uomo fedele alle abitudini, qui sovverte tutto, anche la solita recitazione sopra le righe lascia il posto al sorriso. Montalbano, non più giovanissimo, s’innamora perdutamente di una ragazza molto più giovane di lui, dalla rara sensualità e va in crisi totale, si vuole addirittura licenziare per seguirla.
Chi è la pietra dello scandalo?
Antonia, la nuova responsabile della scientifica. Salvo perde la testa, è disposto a lasciare tutto per lei: la casa, il lavoro e persino Livia. Un terremoto potente che per me è stato come un salto nel vuoto.
Anche diventarne il regista all’improvviso?
Dopo la scomparsa di Sironi ho dovuto prendere in mano il timone, un altro salto nel buio, senza l’aiuto dei colleghi non ce l’avrei fatta.
Non è stanco dopo 22 anni di interpretare Montalbano?
E’ stata un’avventura meravigliosa, ho amato questo personaggio anche nei suoi risvolti antipatici.
Andare in onda l’8 marzo è una scelta casuale?
Questa storia è un inno alla femminilità, la festa della donna era il giorno più appropriato per mostrarla ai telespettatori.