La storia dell’essere umano è strettamente intrecciata con la storia dell’Universo. Nel film Io sono Vera, che mette in collisione realismo, magia e fantascienza, questo legame diventa tangibile. Una pellicola originale, fuori dagli schemi, nelle sale dal 17 febbraio con No.Mad Entertainment, diretta da Beniamino Catena e interpretata da Marta Gastini, Marcelo Alonso, Davide Iacopini, Anita Caprioli, Paolo Pierobon, Manuela Martelli, che racconta con stile iperrealistico, talvolta documentario, qualcosa al limite del reale, esplorando ciò che non è visibile ma ugualmente tangibile e forte come la paura, l’amore, il dolore, il senso dell’infinito, il soprannaturale.
Una fiaba fantascientifica che ruota intorno all’imprevedibile e l’inspiegabile, immaginando un mondo parallelo, che affronta temi cosmici con delicatezza. Si inizia con una lunga carrellata sulla suggestiva distesa di Radiotelescopi dell’ALMA, ad Atacama in Cile. Il guardiano dell’osservatorio, morto d’infarto, ritorna in vita. Dopo questa esperienza di pre-morte, tutte le notti sogna una bambina a lui sconosciuta. Una sciamana gli rivela che la presenza che popola i suoi sogni è un’anima sospesa. Dall’altra parte dell’Oceano, in Liguria, una bambina di undici anni, scompare senza lasciare traccia. Si chiama Vera e due anni dopo ricompare, ma è una giovane donna. Non ricorda niente. I genitori sono sconvolti ma l’esame del DNA conferma che è davvero lei. Quando i ricordi riaffiorano alla memoria, Vera capisce di aver vissuto la vita di un uomo cileno, clinicamente morto, che dall’altra parte del mondo si era risvegliato nello stesso istante in cui lei era svanita nel nulla.
“Attraverso quella ragazzina, che sta per affrontare il passaggio dall’infanzia all’adolescenza ancora avvolta in un mondo magico ed empatico con la natura, lo spettatore è chiamato a vivere un’esperienza più mistica che misterica – spiega Catena, presentando il film online con il cast -. Vera riesce a vivere il suo desiderio di infinito e di fusione con il creato compiendo quindi un ‘viaggio’ nello spazio intergalattico per poi ritornare nel nostro pianeta. Questo viaggio avviene solo a patto di una disgregazione corporea, a livello subatomico, come se la ragazzina si fosse dissolta nella natura, anche quella più remota, oscura, siderale. Nel film lo spazio e i paesaggi sono ritratti come dei personaggi per svelare i loro più intimi dettagli ed esprimere i loro stati d’animo, esplorando il rapporto tra vita e morte, paura e accettazione, solitudine e unione con il Tutto”.
“L’energia esiste oltre il tangibile – sottolinea Gastini -, l’esperienze extracorporee sono un tema che mi affascina”. “L’enegia ci appartiene – aggiunge Caprioli -, il film ci avvicina a questo pensiero, che va oltre la routine quotidiana”.
L’Italia e il Cile (che ha coprodotto il film) sono fotografati nella loro specificità di luce e colori. Da una parte la Liguria con il suo mare blu profondo, la roccia e la montagna che delinea la costa. Dall’altro il deserto di Atacama con i suoi cieli infiniti e la sua spettacolare terra ocra e salina in cui la linea di confine tra Terra e spazio infinito diventa il principio astratto del rapporto tra l’umano e il divino. Un grande contributo nel creare l’atmosfera fantastica lo dà la musica, dei Marlene Kuntz e i suoni “rubati” a una tribù cilena.