La scuola Les Amandiers creata da Patrice Chéreau e Pierre Romans è stata per Valeria Bruni Tedeschi un capitolo fondamentale del suo lavoro e della sua vita. L’ha dunque tradotto in un ottimo film autobiografico da lei diretto, Forever Young, che ha scritto con Agnès De Sacy e Noémie Lvovsky, presentato in concorso al Festival di Cannes, coprodotto da Bibi Film, Rai Cinema e Lucky Red che lo distribuirà in più di un centinaio nostri cinema dal 1 dicembre. Protagoniste le persone che l’attrice ha incontrato allora e le esperienze vissute per due anni, che hanno lasciato su di lei un’impronta profonda, che permane ancora oggi.
Per interpretarla sullo schermo ha voluto la giovane, bellissima e talentuosa Nadia Tereszkiewicz (Stella), affiancata dal bel tenebroso Sofiane Bennacer (Etienne), il suo attuale compagno messo con suo vivo disappunto alla gogna mediatica perché denunciato per molestie sessuali (ma ancora senza un vero processo). Lei lo ha voluto comunque sul set, dove c’è anche il suo ex compagno Louis Garrel nel ruolo di Chereau mentre Micha Lescot interpreta Romans.
La storia è ambientata nella Francia del 1986. Stella, Adèle, Victor e Frank sono nel pieno della propria esplosiva giovinezza. Entrati nella prestigiosa scuola teatrale Les Amandiers sentono di avere il mondo nelle mani. Lanciati a piena velocità nelle proprie passioni, vivranno insieme l’entusiasmo, le paure, gli amori, ma anche le loro prime grandi tragedie.
“La base della sceneggiatura è fatta di ricordi ma ci siamo concesse la completa libertà di rielaborare, romanzare, mescolare, fondere e inventare. Si parla della mia famiglia artistica. Oserei anche dire che Chéreau è un po’ come mio padre in ambito lavorativo”, spiega Valeria, presentando il film a Roma proprio nel giorno contro la violenza sulle donne, sottolineato dal quotidiano francese Liberation con la foto in prima pagina di Sofiane con le mani insanguinate (che ha fatto infuriare la regista per il non rispetto della presunzione di innocenza).
Il Teatro Amandiers nel periodo 1985‐1990, è stato l’epicentro del mondo culturale. “Appena iniziammo la scuola di teatro, Chereau ci mandò nel luogo che all’epoca era il centro della recitazione moderna: l’America, dove il metodo di recitazione di Lee Strasberg aveva avuto origine qualche anno prima, per me fu come una finestra che si apre sull’orizzonte; è stato decisivo nel mio lavoro di attrice”. I suoi film sono sempre un mix di commedia e tragedia. La scena di per sé divertente, in cui gli studenti scoprono che tutti sono andati a letto con tutti, lascia il posto al tragico sospetto di aver contratto l’Aids. “La tragicommedia fa parte del DNA del cinema italiano, ho bisogno di questa miscela, sia che reciti o che diriga. E anche come spettatrice. Volevamo mostrare l’energia della giovinezza, sfiorando la tragedia. Nel film c’è l’attrazione costante di queste due forze opposte che sono la vita e la morte. Ho bisogno di ridere della nostra esistenza e della nostra miseria, quanto ho bisogno di ossigeno”.
“Grazie alla finzione, le persone diventano personaggi e poi, grazie agli attori, questi personaggi tornano a essere persone – sottolinea Noémie -. E queste persone, che sono vive e presenti davanti alla macchina da presa, permettono che il passato che riposa dentro di noi non venga mummificato, ma che invece sia vivo e torni ad essere parte del presente. Solo la finzione può strappare i ricordi dalla nostalgia”.
La sfida per Valeria Bruni Tedeschi è stata ricreare un gruppo di studenti simile al suo degli anni ‘80, formare delle coppie. “Hanno evocato tutti i fantasmi che sono dentro di me”.