Rispettare la natura. E’ l’imperativo messaggio lanciato da Black out – Vite sospese, la nuova serie tv in quattro puntate in onda in prima serata su Rai 1 da lunedì 23 gennaio. Un mistery drama ambientato ad alta quota, diretto da Francesco Di Donna, interpretato da Alessandro Preziosi, Rike Schmid, Marco Rossetti, Aurora Ruffino, Mickaël Lumière, Caterina Shulha e Maria Roveran, prodotto da Luca Barbareschi con Rai Fiction in collaborazione con Trentino Film Commission, che riporta alla mente la recente tragedia di Rigopiano, in Abruzzo, dove persero la vita parecchie persone, tra le macerie del resort di montagna sepolto dalla neve.
Ma quando si crede di aver perso tutto, spesso, si ritrova sé stessi e il coraggio di combattere per ciò che conta davvero. E questo in sintesi il succo di questo racconto spettacolare, fatto di suspence, ma anche di sentimenti e umanità, girato in tre mesi nelle meravigliose location delle Valli trentine del Primiero e Vanoi con una troupe di oltre cento persone, ottanta attori, numerose comparse locali e l’aiuto determinante di grandi effetti digitali.
Protagonisti i clienti di un lussuoso albergo in un piccolo ed esclusivo polo sciistico. Quando la terra trema e il distacco di un’imponente slavina isola la valle e impedisce i soccorsi possibili dall’unico passo che la collega con il resto del mondo, in quella che avrebbe dovuto essere una piacevole vacanza, restano intrappolati personaggi con segreti da nascondere, identità celate e ambigui professionisti pronti a tutto. Tra di loro c’è anche un assassino. La valanga costringe vacanzieri e residenti nel piccolo paese a vivere un’esperienza unica che li obbligherà a fare i conti con sé stessi e con gli altri: potranno venirne fuori solo se supereranno le loro paure, i loro pregiudizi e impareranno a essere una comunità.
“La realizzazione di questa serie è stata un’avventura nell’avventura, tredici settimane tra le montagne, passate ad inseguire la neve – racconta Di Donna presentando la serie a Roma con il cast -. Nei luoghi scelti per le riprese, a pochi giorni dal primo ciak, la neve, prima abbondante, si era via via sciolta e non si prevedevano nevicate. Abbiamo fatto nuovi sopralluoghi, cambiato programmi, locations, piano di lavorazione e siamo andati dove la neve c’era…anche troppa. Valli lontane, impervie, vergini, distanti ore di macchina o di motoslitta”.
Un set multi lingua tra il freddo delle cime, dove persino il drone perdeva il controllo per le correnti gravitazionali. “Sembravamo una spedizione sull’Himalaya più che una troupe cinematografica – continua il regista -, ho dovuto adattarmi al territorio, la macchina a mano è stata la soluzione più logica. Ho usato obiettivi che mi hanno permesso di stare molto vicino ai visi degli attori dando così la sensazione di vivere con grande intensità le loro emozioni. Più volte una scena è stata suddivisa in tre, quattro locations diverse. Questo per poter avere la neve in ogni lato. Girare un’inquadratura in una valle e il controcampo in un’altra, distante due ore di macchina, non è che capiti spesso. È stato avventuroso, entusiasmante, sfinente, un lavoro enorme e senza la mia fantastica troupe e senza la generosità dei miei attori non sarei arrivato a mettere la parola fine. Insomma tutti insieme…quasi persi tra le montagne”.
“Non è stato facile per me che sono un uomo di mare lavorare in quelle condizioni, tredici settimane lontani dalla normalità, tra freddo e ghiacci – conferma Preziosi -. Durante una faticosa arrampicata con le ciaspole ai piedi la guida che ci precedeva mi è quasi piombata addosso, e sotto c’era lo strapiombo. Ho pensato: è la fine”.