Un ritratto affettuoso ed ironico di quattro ragazze sulla soglia dei 30 anni molto diverse tra loro per linguaggio, usi e costumi, incastrate nelle loro convinzioni ma che iniziano a mostrare i primi segni di cedimento. Le racconta abilmente al cinema Pilar Fogliati nel suo film Romantiche, nelle sale dal 23 febbraio, indossando lei stessa i loro panni accanto a Barbora Bobulova, Levante, Diane Fleri, Giovanni Toscano, Ibrahim Keshk, Emanuele Propizio, Giovanni Anzaldo, Rodolfo Laganà, Edoardo Purgatori.
La trentenne regista-attrice romana, rivelazione della nuova commedia italiana, in questa sua opera prima fa ridere e riflettere su alcuni tipi di giovani donne d’oggi, chiuse nel loro recinto borghese, attraverso le loro storie e il modo in cui affrontano le loro insicurezze, paure e desideri. Si cala dunque abilmente nei panni di Eugenia Praticò, l’aspirante sceneggiatrice fuggita da Palermo per inseguire il successo, purché sia di nicchia; Uvetta Budini di Raso, l’aristocratica del centro storico che debutta nel mondo del lavoro; Michela Trezza che sta per sposarsi e ama la sua vita di provincia a Guidonia; Tazia De Tiberis, la bulletta di Roma nord che vuole avere tutto sotto controllo, anche i desideri del suo fidanzato. E tutte e quattro, a modo loro, cercano il loro posto nel mondo.
“Questo film è costruito intorno a quattro personaggi femminili che sono il frutto di ore ed ore passate ad origliare i suoni della mia città, Roma, e di chi la vive. Quattro ragazze, mi abitano dentro da tanto tempo, ognuna di loro ha qualcosa di buffo e di goffo che me le fa amare, una leggerezza dell’essere che mi fa sorridere”, racconta l’autrice presentando il film a Roma con i produttori e il coautore della storia, Giovanni Veronesi.
Una divertente e intelligente commedia in quattro episodi di cui ha preso in mano anche la regia, ispirandosi nel crearli ai caratteri vincenti di Carlo Verdone, all’amarezza che metteva nei suoi personaggi comici. “Attraverso la voce, gli ambienti, il linguaggio, l’estetica, abbiamo provato ad intrappolarle nei loro cliché, da cui è per loro difficile uscire, ironizzando su alcuni stereotipi e l’opinione altrui che in fondo li crea” spiega Pilar.
“Da maschio settantenne volevo spostare l’ottica sul punto di vista femminile, trattando gli uomini della storia da veri coglioni -, ammette ridendo Veronesi – nello scrivere sono andato a ruota di lei, un vero talento”.
I quartieri della capitale scelti per raccontare le loro storie sono protagonisti tanto quanto i personaggi. “La parte più complicata e stimolante è stata quella di creare quattro mondi diversi, attraverso la fotografia, la scenografia, il trucco, i costumi – confessa l’autrice -: atmosfera fredda per il mondo spigoloso e moderno di Tazia; morbida e solare per l’ingenuità di Michela; dai colori etnici e saturati per Eugenia; colori pastello, sfocati e indecisi proprio come Uvetta. La colonna sonora è interamente creata dalla grazia e il talento di Levante, che ha interpretato queste quattro donne attraverso i suoi strumenti e con un canto da sirena sembra richiamarle alla vita”.