Il potere lenitivo dei sentimenti, fondamentale per resistere alle mille avversità del vivere, è al centro di Empire of Light di Sam Mendes, nei cinema con Walt Disney Company. Un imperdibile, coinvolgente racconto drammatico che emoziona e fa molto riflettere, magistralmente interpretata da Olivia Colman e Micheal Ward (meritatamente canditati all’Oscar), Toby Jones e Colin Firth. Anche stavolta Mendes scava con tocco poetico in profondità nell’animo umano facendo emergere, in tempi in cui impera la superficialità, il valore dell’empatia, della solidarietà, dell’affetto tra gli esseri umani.
Una storia toccante, incentrata sul potere dei legami umani in tempi burrascosi, ambientata nei primi anni Ottanta dentro un vecchio cinema decadente in una cittadina costiera dell’Inghilterra. Un microcosmo di solitudini dove tra Hilary, una donna dalla instabile salute mentale e Stephen, il giovane collega di colore, che sogna di fuggire dalla monotona vita di provincia dove deve fare i conti con violenti episodi di razzismo, si instaura una dolce e improbabile relazione che, tra mille avversità, li aiuterà a non mollare. Anche se sembrano diversi da qualsiasi punto di vista immaginabile, grazie a questa sorta di rito di passaggio riescono entrambi a trovare un certo livello di felicità e di forza.
Il film è nato durante la pandemia, quando il lockdown ha portato anche il cinquantasettenne regista britannico a intense riflessioni, a riesaminare la propria vita, a fare i conti con alcuni ricordi. Avendo avuto malattie mentali in famiglia, ha descritto meticolosamente l’anima smarrita della protagonista che trova una strana famiglia dentro il cinema in cui lavora. “Ripensando al passato con gli occhi di oggi -racconta -, mi sembrava che questo periodo della storia inglese presentasse un’intersezione particolarmente speciale e insolita tra le politiche razziali, la musica e il cinema”.
Le canzoni utilizzate nel film sono la colonna sonora della vita di Mendes e rappresentano una parte fondamentale della pellicola, così come la stupenda fotografia. “La scena politica del periodo, soprattutto le politiche razziali – spiega il regista-, Margaret Thatcher che dichiarava ‘La società non esiste’, il razzismo di Enoch Powell e del Fronte Nazionale, le rivolte di Brixton e Toxteth, la disoccupazione alle stelle e le divisioni estreme alimentò la musica e la cultura del periodo”.
Mendes ha cucito addosso a Colman un personaggio sensibile, sfaccettato, gentile, molto complesso. “Ho adorato interpretare Hilary perché attraversa tanti stadi emotivi – racconta l’attrice -. Ha un’esistenza piuttosto solitaria ma vuole provare sentimenti più intensi. Quando Stephen, entra nella sua vita è affascinata da lui. Smette di prendere i suoi farmaci e, a un certo punto, raggiunge una smania quasi eroica, mostrando le cause scatenanti dei suoi episodi psicotici”.
Dal canto suo il giovane Stephen deve affrontare un mondo razzista, un governo reazionario, una gioventù violenta mentre sta cercando se stesso e creando un improbabile legame con Hilary e con il cinema. “ È un giovane ragazzo nero, ama le persone, la musica e i film e si rifiuta di farsi definire dalla società oppressiva in cui vive – spiega Ward -. Questo film è un racconto di formazione in cui il mio personaggio sta trovando se stesso e il suo posto nel mondo. Quando ho letto la sceneggiatura ho pensato all’impatto che avrebbe potuto avere anche su molti altri ragazzi neri. Per loro è importantissimo ritrovarsi in un film come questo, si renderanno conto che tutte le persone hanno storie attuali e degne di essere raccontate”.