Il sogno di amarsi senza paura, liberamente, al di là delle convenzioni che ancora fanno fatica a morire. Era il sogno di Giuseppe Fiorello che lo ha realizzato col suo primo film da regista, Stranizza d’amuri, dal 23 marzo, distribuito soltanto nei cinema da BIM. L’attore siciliano l’ha dedicato a Giorgio e Antonio, vittime del delitto di Giarre avvenuto in provincia di Catania nel 1980 dal quale ha preso liberamente spunto per riportare alla luce una vicenda sulla quale è convinto che non sia mai emersa la verità. Da più di un decennio sognava di portare sul grande schermo quel delicato, atroce fatto di cronaca, in cui furono uccisi o si tolsero la vita due adolescenti, convinto che le storie vere siano in grado di tirar fuori emozioni e verità.
E vedendo il film di emozione se ne prova tanta, per la delicatezza con cui Fiorello ha filmato il lento crescere del tenero sentimento tra i due protagonisti del film, facendo centro anche nella scelta di tutto il numerosocast, a cominciare dai giovani Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto, che si sono calati negli scomodi panni di Nino e Gianni con una spontaneità e una naturalezza da attori navigati. Ad accompagnarli su questo insidioso cammino la perfetta recitazione di Fabrizia Sacchi e Simona Malato, le mamme di questa storia, due donne assai diverse ma accomunate dal dolore causato dai pregiudizi che le imprigionano rendendole doloranti e insieme carnefici dei loro stessi figli.
Gianni e Nino, si incontrano per caso e poi si amano per scelta. Il loro amore è puro e sincero, ma non può sottrarsi al pregiudizio del paese che non comprende e non accetta. Non sarà compreso nemmeno dalle rispettive famiglie, generando così un conflitto interno forte e doloroso.
“La mentalità siciliana aveva sepolto questa storia, ho cercato a lungo come farne un film – spiega Fiorello presentando il film a Roma con il cast -. Ho puntato sulla poetica più che sulla tematica, ci ho messo i miei ricordi di adolescente, quando ami con una purezza che va al di là del sesso. E’ un sentimento incluso nella vita, è umanità, dovrebbe essere tutto normale, per amarsi non ci vuole coraggio, ci vuole solo amore”. Ha voluto mostrare l’omertà, la discriminazione occulta che serpeggia in molte case, comporre un inno alla vita, alla libertà, sottolineare l’insabbiamento di una vicenda più che scomoda per quelle famiglie. “Ho appoggiato la storia nel 1982, quando l’Italia vince i mondiali per bilanciare l’aspetto tragico – spiega-, Battiato è la colonna sonora della mia adolescenza, non potevo non mettere i suoi brani”. Ha affidato le musiche al musicista Giovanni Caccamo, seguace dell’artista scomparso, che hanno sottolineato perfettamente i vari passaggi del film. “La storia mi ha tavolto – racconta –, ho cercato i contrasti tra la musica tradizionale siciliana e l’elettronica, l’emotività viscerale di Beppe mi ha aperto la strada, ha scardinato l’arte da ogni fine”.