Masticare a fondo prima di deglutire per poter apprezzare a fondo Enea, il secondo film bello e complesso, ideato, sceneggiato, diretto e recitato da Pietro Castellitto, in 250 sale dall’11 gennaio, prodotto da Lorenzo Mieli, Luca Guadagnino.
Un film cattivo, familiare, in cui ha voluto papà Sergio per fare il padre, Cesare Castellitto come nella vita il fratello minore, per mamma un’ eccellente Chiara Noschese. Ottima scelta anche per amici del cuore e nemici: Giorgio Quarzo Guarascio, Benedetta Porcaroli, Giorgio Montanini, Adamo Dionisi, Matteo Branciamore, Clara Galante, Paolo Giovannucci che dirige con originalità e competenza, come se fosse sempre stato dietro la macchina da presa. Una storia ambigua, che talvolta rasenta il grottesco, autobiografico-psicoanalitica, in cui s’intrecciano amore, amicizia, purezza, malavita.
Enea, rampollo della Roma bene, vuole a tutti i costi sentirsi vivo in un’epoca morta e decadente. Lo fa assieme all’amico del cuore Valentino con cui condivide feste sfrenate e spaccio di stupefacenti, vittime e artefici di un mondo corrotto. Oltre i confini delle regole, dall’altra parte della morale, c’è un mare pieno di umanità e simboli da scoprire. Un padre psicoanalista malinconico, un fratello che litiga a scuola, una madre in crisi esistenziale che promuove cultura in tv e una ragazza bellissima da amare, riamato. È in mezzo alle crepe della quotidianità che l’avventura di Enea e Valentino lentamente si assolve. Un’avventura che agli altri apparirà criminale, ma che per loro è, e sarà, prima di tutto, un’avventura d’amicizia e d’amore.
“Enea è un gangster movie senza gangster, la componente criminale del film viaggia silenziosa su un binario nascosto, e sopraggiunge improvvisa nelle fessure dei rapporti quotidiani, sconvolgendo i protagonisti ignari – spiega l’autore presentando il film a Roma con il cast -. L’idea era quella di creare una narrazione dove il punto di vista dello spettatore combaciasse con quello di chi subisce il narcotraffico: all’improvviso si può vincere e all’improvviso si può morire, e nessuno saprà mai il perché. I protagonisti sono mossi dal mistero della giovinezza. Non fanno quello che fanno né per i soldi né per il potere. Ma forse per vitalità, per testare il cuore, per capire fino a che punto ci si possa sentire vivi oggi, all’alba di questo nuovo millennio, saturo di guerre raccontate e di attentati soltanto”.
“C’è una generazione di adulti perbene che lavora, educa i figli, che ha perso il desiderio di felicità – aggiunge Sergio Castellitto, al suo centesimo film -. E’ una storia profondamente morale che non fa la morale. Il ciak faceva uscire da noi cose che fuori dal set non ci saremmo mai detti, La mentalità criminale c’è in tutti, nei nostri silenzi”. “Pietro mi ha lasciata libera di trovare dentro di me cose che non sapevo di avere, come il terrore di essere schiacciata dalla mediocrità che mi circonda, in questo la protagonista mi somiglia”, racconta Chiara Noschese. “E’ una tragedia greca dove l’amicizia è un amore andato male” aggiunge Giorgio Quarzo Guarascio. “Eva mi somiglia, è libera, razionale, vorrebbe rendere Enea consapevole” spiega Porcaroli.
“E’ un film vitale, non ideologico, mi ha ispirato la quotidianità folle che vedo ogni giorno. Tutti i personaggi resistono a qualcosa – conclude Pietro -, se ce la fai risolvi, la vita si aggiusta da sola. Di autobiografico c’è l’ironia dei miei rapporti familiari. Ho criticato il male difendendolo, solo così mostri l’ipocrisia di chi sta dietro la maschera del perbenismo”.