di Caterina d’Amico e Alessandra Favino, Edizioni Cineteca di Bologna, 2024
Per gli appassionati di una delle colonne portanti della cultura del XX secolo, Luchino Visconti, la Cineteca di Bologna confeziona una raccolta di lettere in un tomo di quasi novecento pagine curato da Caterina d’Amico e Alessandra Favino. Non è nemmeno l’epistolario completo a detta di Caterina d’Amico, figlia di una tra le più grandi collaboratrici del maestro, Suso Cecchi d’Amico, che ha preso a cuore l’impresa. Non c’era regista, attore, produttore, musicista che in quegli anni non cercasse suggerimenti, approvazioni, o un ruolo presso Luchino Visconti.
«È ciò che è sopravvissuto al trasloco della grande villa sulla Salaria – racconta la d’Amico -, il nostro obiettivo era una pubblicazione che mettesse in ordine e a disposizione le carte, corredate dalle informazioni necessarie per decodificarle, senza commenti né interpretazioni». Ci sono le lettere dal carcere perché Visconti collabora con la Resistenza, viene arrestato e stava per essere fucilato se non fosse intervenuta a sua difesa l’attrice Maria Denis. Troviamo le parole di Jean Renoir con cui Visconti ha lavorato come assistente alla regia nella seconda metà degli anni ’30, in un paio di lettere. Una in cui un quindicenne Mario Girotti (in arte Terence Hill) rifiuta una parte per sostenere gli esami di riparazione tra il IV e il V ginnasio. È del 1947 una lettera in cui Visconti invita a Ischia Michelangelo Antonioni «a passare qualche giorno sereno, fuori dal forno romano».
Nel ’48 Salvador Dalì accetta di eseguire i bozzetti per le scene e i costumi della commedia As You Like It per una somma di un milione di Lire e non sarà l’unica collaborazione tra i due grandi artisti. E poi Ingrid Bergman, Franco Zeffirelli, Maria Callas, Anna Magnani, Sandro Pertini, Palmiro Togliatti, Leonard Bernstein, Raf Vallone, Pietro Ingrao, Elio Vittorini e tanti altri. C’è spazio anche, nel 1958, per una tiratina d’orecchie a Paolo Stoppa per una sua intervista rilasciata al settimanale Oggi dove l’attore si sarebbe vantato di meriti non suoi: «…Tu salti a piè pari tutto il periodo essenziale della nostra attività – gli scrive Visconti -. Dimenticheresti forse le due compagnie fatte da me, e che in un momento difficile e a costo dei miei personalissimi sacrifici ci diedero modo non solo di proseguire la nostra attività in momenti delicati e difficili ma anche di continuare un programma e di affermare un principio e un sistema di lavoro (oggi da tutti compreso e imitato) ma di cui allora sembrava follia solo parlare».
Ogni lettera contenuta in questa raccolta si distingue per la sua schiettezza e profondità, rivelando un Visconti che è al contempo amante appassionato, amico leale e osservatore acuto della società e della cultura del suo tempo. Le sue parole e quelle della sua sconfinata schiera di conoscenti, ci conducono in un viaggio emozionale attraverso le sue esperienze, le sue gioie e i suoi dolori, rendendo palpabile la sua presenza e la sua visione del mondo. In questo corpus epistolare, ogni lettera diviene una gemma preziosa, un frammento d’anima che svela l’uomo dietro l’artista, il creatore dietro il mito.
L’Epistolario di Luchino Visconti è un’opera imprescindibile per chiunque voglia approfondire la conoscenza di questo straordinario regista. È un’opera che non si limita a raccontare la vita di Visconti, ma che riesce a evocare con maestria le atmosfere e le emozioni di un’epoca, facendo rivivere il suo spirito in ogni pagina.