Un’agenzia di spionaggio super segreta, una spia-gentiluomo, un ragazzo allo sbando reclutato per distruggere un genio della tecnologia intenzionato a spopolare il pianeta. Sono gli ingredienti di Kingsman: Secret Service, tratto dall’omonimo libro di fumetti di Mark Millar e Dave Gibbons, diretto da Matthew Vaughn e interpretato da Colin Firth, Samuel L. Jackson, Taron Egerton, Michael Caine, Mark Strong, Sofia Boutella, che 20th Century Fox ha prodotto con Marv e porta nelle sale dal 25 febbraio.
Un ironico, divertente spy movie ambientato in Gran Bretagna, dai personaggi molto ‘british’, che richiama e dissacra ironicamente i migliori 007- James Bond. Vaughn infatti voleva catturare lo spirito dei film di spionaggio degli anni ’60 e ’70, ma in maniera moderna. Ha creato dunque Kingsman, un’organizzazione élitaria di agenti che operano ai margini del governo, ispirandosi alle leggi di re Artù.
L’agente gentiluomo Harry Hart (Colin Firth) prende sotto la sua ala protettiva il giovane Eggsy (Taron Egerton), orfano di un eroe di guerra che gli salvò la vita sacrificando la sua, insegnandogli i trucchi del mestiere. Colin e Taron erano uno di fianco all’altro anche alla presentazione del film a Roma, accompagnati dai Take That, l’iconica band britannica che ha realizzato la canzone guida della colonna sonora.
Firth, chi sono dunque i Kingsman?
Sono i moderni Cavalieri della Tavola Rotonda, i ‘buoni’ . Viviamo in un’epoca in cui tutti sospettano delle istituzioni e dei governi. La fiducia che nutrivamo un tempo è stata minata, è interessante esplorare l’idea di un’organizzazione che ha degli ideali puri, non compromessi dalla politica e dalla burocrazia.
Potrebbe esistere oggi un’organizzazione simile?
E’ pura invenzione, la storia fa riferimento al mito di Bond e di re Artù, se esistesse davvero ne sarei spaventato a morte
Come definirebbe il suo personaggio?
Matthew ci ha messo un po’ di Harry Palmer, la spia protagonista dei romanzi di LenDeighton, un po’ di Bond, e un po’ di le Carrè.
E le atmosfere del film?
Evocano un mondo d’altri tempi, con la spia gentiluomo elegante, in giacca e cravatta. Ma anche un mondo futuristico, estremo, dove l’impossibile diventa possibile, con un’ azione ad alto voltaggio e situazioni incredibili, popolato da indiscussi eroi positivi che si contrappongono a personaggi chiaramente malvagi, entrambi praticamente invincibili, provvisti di strumenti che sfidano l’impossibile, nascosti negli accendini, nelle penne o nelle scarpe, Un film iperstilizzato, teatrale, con scene di combattimento irreali, colorato e giocoso com’era il mondo di James Bond.
Come nasce il rapporto tra la superspia e il ragazzo?
Quando Harry vede che il figlio del suo collega scomparso sta prendendo una brutta strada, si attiva per cercare di salvarlo. In parte si sente in colpa nei suoi confronti ma è anche attratto dalla sfida di trasformare Eggsy in un agente Kingsman. Gli spiega chiaramente che essere un gentiluomo non ha nulla a che fare con il modo in cui si parla o con la famiglia in cui si è nati. È qualcosa che si impara e si dimostra col proprio comportamento.
Chi è Valentine, l’eroe negativo che regala a tutti schede Sim che stimolano l’aggressività omicida?
E’ un genocida, uno psicopatico. Magari in testa ha anche un obiettivo che volge al bene, ma se questo comporta la morte di milioni di persone, non credo che la sua ideologia possa essere condivisa dal resto dell’umanità.
Si può uccidere per un ideale?
E’ un film di pura fantasia ma crea reazioni in base alle nostre esperienze reali, a quanto sta accadendo, anche se l’abbiamo finito più di un anno fa. Il bene, il male, la nobiltà, la follia nella pellicola fanno riferimento anche alla realtà, ma per paradossi. Ai ricchi, ai potenti alla fine gli fanno saltare in aria la testa.
Oggi sono tutti connessi, anche lei?
Non so cos’è twitter e me ne tengo lontano. I social media hanno un grande potere, dettano le condizioni dei nostri rapporti, mi spaventano, ma sono anche uno strumento politico forte per trasmettere la democrazia. Però ci condizionano sempre più, è ormai quasi impossibile vedere la gente che solleva la testa dallo schermo.
Come si è preparato alle scene d’azione?
L’addestramento è stato, duro, pesante, doloroso, con allenamenti di tre ore al giorno per circa sei mesi. Ho imparato a usare parti del mio corpo che non utilizzavo mai, non sapevo neanche che esistessero. Ma nella vita non mi sarebbe di nessun aiuto: se qualcuno mi aggredisse potrei solo mettermi a ballare.
Nel film non perde mai la calma, anche nella vita?
Ogni tanto perdo la pazienza. Per fortuna il mio lavoro mi consente di esprimere anche ciò che mi piacerebbe essere, o essere felice di non esserlo. Non è vero che i britannici sono pazienti, basta vedere come si comportano allo stadio.