Un uomo normale in una situazione disumana. Lo racconta La legge del mercato di Stéphane Brizé, nelle sale dal 29 ottobre. Protagonista assoluto un commovente Vincent Lindon, vincitore per questo ruolo al Festival di Cannes del suo primo, importante premio, a coronamento di una solida carriera trentennale.
L’attore francese si cala con estrema intensità nei panni di Thierry, un operaio cinquantenne disoccupato da vari mesi, con moglie e un figlio disabile da mantenere, obbligato ad accettare qualsiasi lavoro gli venga offerto, anche quando questo lo pone in una situazione moralmente inaccettabile.
Quando, dopo mesi di vani e umilianti pellegrinaggi all’ufficio di collocamento e inutili corsi di riqualificazione, viene finalmente assunto come addetto alla sicurezza di un supermercato, si chiederà fino a che punto è disposto a venire a patti con la propria coscienza pur di mantenere il posto tanto agognato.
Brizé ha scelto uno stile quasi da documentario per questo bellissimo film, duro e emozionante, di estrema attualità, che mette a fuoco la brutalità dei meccanismi e dei rapporti dominanti nel mondo del lavoro, sovrapponendo l’umanità e la dignità di un uomo all’apparenza fragile alla violenza della nostra società. Ha voluto tutti attori non professionisti, molti dei quali interpretano il loro vero lavoro, riprendendo Lindon anche quando non era al centro della scena per meglio mostrare cosa accadeva intorno a lui.
Un film girato in economia, in soli 16 giorni, con un budget ristrettissimo perché rispecchiasse i personaggi della storia che fanno fatica a tirare la fine del mese. Tutti hanno avuto paghe al minimo sindacale, Lindon ha invece rinunciato al proprio cachet. “Brizé mi ha costretto a dimenticare di essere un attore per mettermi al passo con gli altri protagonisti e dare più verità alle storie, a usare frasi del parlare comune – spiega l’attore presentando il film a Roma -. Io non vivo nel lusso, non ho ville, autista o segretarie, ho creato con i compagni di set un forte legame. Non abbiamo provato prima di girare per non far perdere spontaneità ai personaggi”.
Lindon racconta che ama stare a guardare la gente che passa per strada, per coglierne i gesti, i movimenti, la fisicità, che poi gli serve per calarsi nei vari ruoli. “Le parole poi vengono naturalmente. La storia di questo film purtroppo è universale, spero risvegli la coscienza sociale nei nostri politici, non solo per cinque minuti, altrimenti possiamo fare benissimo a meno di loro. Chi ci governa non vive la vita quotidiana dei comuni mortali, io per fare questo mestiere devo penetrare certe realtà, stare a contatto con le persone per conoscerne i problemi. La politica, per riuscire a cambiare davvero qualcosa, avrebbe bisogno di gente della società civile che sa cosa succede davvero nel mondo”.
Di Thierry l’ha colpito il suo essere solido, dignitoso, coraggioso. “Sarei fiero di mio figlio – confida – se un giorno si trovasse senza soldi e reagisse così”. A chi gli chiede una foto come ricordo dice no. “Preferisco parlare con le persone. Se hai un cuore e una testa questo è il ricordo che ti resterà dentro per sempre”. Invita tutti a leggere buoni libri, ascoltare musica vera, vedere bei film e non certi varietà televisivi senza valore perché, sostiene “Le grandi opere aiutano la gente a capire, la tv spazzatura, invece, ne aumenta l’aggressività. Un popolo si educa con le cose belle fin da piccolo, se fai vedere a un bambino film importanti, non mangerà più certa merda!”.