Steven Spielberg non delude mai. Il suo nuovo film Il ponte delle spie, scritto da Matt Charman con Ethan e Joel Coen, affidato a un eccellente Tom Hanks (affiancato da Mark Rylance, Amy Ryan, Sebastian Koch e Alan Alda), che Fox porterà nelle sale dal 16 dicembre, è un bel drammone storico in salsa thriller che cattura e emoziona, tenendo lo spettatore incollato alla poltrona dall’inizio alla fine.
Due ore e venti di proiezione che filano via lisce, senza provocare un attimo di cedimento, anche di fronte ad alcune scene un po’ retoriche, seguendo le avventure ispirate alla storia vera dell’integerrimo avvocato di Brooklyn James B. Donovan, specializzato in cause assicurative, che negli anni ’60 si ritrovò al centro della guerra fredda tra Usa e Unione Sovietica. Dopo esser stato obbligato a difendere dall’accusa di spionaggio l’agente sovietico Rudolf Abel (Mark Rylance) e avergli evitato la pena capitale, venne spedito nella Germania fresca di “muro” per negoziare lo scambio tra il pilota americano Francis Gary Powers abbattuto col suo U2 e catturato dai sovietici e la “sua” spia russa.
Il sessantanovenne regista e l’attore americano, al loro quarto film insieme, sono entrambi fanatici di storia. Spielberg, che da circa un ventennio sforna bei film su eventi realmente accaduti (Amistad, Salvate il soldato Ryan, Lincoln, Schindler’s List), è un esperto di personaggi iconici, in grado di ricreare interi periodi storici in modo straordinariamente cinematografico. Questo è il suo primo film ambientato nel mondo dello spionaggio internazionale. Quando l’ ha girato la Crimea non era stata ancora invasa, scatenando nuova tensione tra Usa e Russia, ma non certo paragonabile con quanto avvenne a Berlino nel dopoguerra.
Il drammaturgo e scrittore televisivo londinese Matt Charman si era incuriosito alla vicenda leggendo la nota di una biografia su John F. Kennedy che menzionava l’avvocato Donovan, un idealista che si batteva per la sicurezza nazionale, facendosi largo fra segreti e sotterfugi. L’ ha proposta per un film agli executives della DreamWorks che ne sono rimasti subito conquistati. In sei settimane ha confezionato un copione stimolante, ricco di suspense, collegando insieme le varie storie. Ha poi chiamato in causa i fratelli Coen che hanno aderito con entusiasmo al progetto, immergendosi nel linguaggio dell’epoca, facendo aderire Tom Hanks al personaggio di Donovan e calandolo in una storia di forte impatto che rivela la natura più profonda di quest’uomo.
“Donovan faceva valere i propri valori, intendeva garantire la giustizia a tutti, a prescindere da quale fosse il lato della Cortina di Ferro a cui appartenevano – sottolinea Spielberg -. Il suo unico interesse era rispettare la legge. Anche Tom è una persona molto integra che spesso usa la sua celebrità a fin di bene: la sua statura morale e il suo forte senso di eguaglianza e di giustizia lo rendono l’attore ideale per questa parte”.