Il maggior pericolo per le relazioni affettive oggi è racchiuso in un piccolo, indispensabile oggetto demoniaco: il telefonino. Paolo Genovese lo prende a pretesto per raccontare la vita segreta delle persone nel suo film Perfetti sconosciuti che finalmente rende giustizia alla buona commedia all’italiana.
Prodotta da Marco Belardi di Lotus con Medusa che la distribuirà dall’11 febbraio su oltre 500 schermi, la pellicola deve la massima resa alle impeccabili interpretazioni dei supercollaudati Marco Giallini, Kasia Smutniak, Anna Foglietta, Valerio Mastandrea, Edoardo Leo, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston e della giovane più che promettente Benedetta Porcaroli.
Il regista di Immaturi e Tutta colpa di Freud voleva da tempo raccontare quello che non confessiamo, ma non sapeva come. E’ dunque uscito dagli schemi della commedia fotocopia che non piace e non fa ridere, ha messo a fuoco che oggi lo smartphone è diventato la nostra “scatola nera”, il nostro tallone di Achille, custode di cose che non ci va di raccontare. Con gli sceneggiatori Rolando Ravello, Paolo Costella, Filippo Bologna e Paola Mammini, ha buttato giù di getto un racconto tragicomico di tre coppie, una figlia, un single, che per ravvivare una cena casalinga decidono di mettere i loro cellulari sul tavolo e ascoltare insieme messaggini e chiamate in viva voce, convinti di non celare segreti. Un passatempo innocente che si rivelerà man mano un gioco al massacro, svelando i lati segreti di ognuno, sconosciuti anche ad amici di lunghissima data come loro.
Un finale cinico e amaro chiuderà l’ora e mezza di questa ottima commedia che oltre a divertire parecchio stimolerà varie riflessioni, anche su temi di scottante attualità come le unioni civili, che purtroppo alimentano il quotidiano, vergognoso teatrino mediatico messo in scena dai nostri politici, mentre il vuoto legislativo genera vuoto culturale, legittimando ignoranza e discriminazione. “E’ un film dove tutto è il contrario di tutto, dove ognuno può fissare i confini tra cose giuste e sbagliate, corrette e scorrette, tra quello che non possiamo o non vogliamo raccontare – spiega Genovese, presentando il film a Roma con tutto il cast -. Volevo essere originale nel raccontarlo, il gioco del cellulare sul tavolo diventa il protagonista assoluto del film”.
Non è stato facile per tutti girare le scene in sequenza, per due mesi sempre nella stessa stanza, come in una pièce teatrale. Qualcuno trova punti in comune con i film di Scola. “Mi piacerebbe – ammette l’autore -, spero ci sia l’essenza della commedia che è complessa. Non c’è solo comicità, c’è anche dramma, romanticismo”. Il film invita dunque a riflettere su come gestiamo i rapporti umani. “Non punta il dito sui social, ma sul modo in cui si usano” precisa Genovese. “E’ un inno a smetterla di dare tanto credito a questi oggetti – sottolinea Anna Foglietta-, un invito a prendere di petto la vita in prima persona, senza troppi filtri”.