Quanto sei disposto a rischiare per salvare chi ami? Su questo vuol far riflettere il regista Matteo Rovere scegliendo di raccontare il grande legame che c’è tra fratelli, il senso di protezione, nel film Veloce come il Vento, prodotto da Domenico Procacci per Fandango con Rai Cinema, nelle sale dal 7 aprile.
Un film che unisce azione e sentimenti, emozionante e adrenalinico, ispirato alla storia vera del campione di rally Carlo Capone e ambientato nel mondo delle corse automobilistiche, tema inconsueto per un film d’intrattenimento made in Italy.
Il risultato è davvero eccellente. Grazie all’ottima sceneggiatura, alle immagini entusiasmanti riprese tra i veri bolidi in corsa sui circuiti di Monza, Vallelunga, Mugello, Imola. Alla scelta di condire i dialoghi col dialetto emiliano romagnolo, che appartiene davvero ai due protagonisti. Scelta, questa, davvero vincente: uno Stefano Accorsi mai così efficace, smagrito e imbruttito per la parte di un ex campione di rally divertente e commovente, caduto nel vortice della droga. Un perdente che “risorge” per aiutare la giovane sorella anche lei pilota (l’esordiente più che promettente Matilda De Angelis) non ancora patentata ma da sempre patita dei motori, a vincere il campionato italiano GT.
Perso improvvisamente il padre, con un fratellino da proteggere, i due dopo anni di lontananza faranno “squadra” per vincere una corsa impossibile contro il tempo, non perdere la casa ipotecata e non venir divisi dai servizi sociali. Obbligati a lavorare insieme, scopriranno quanto sia difficile e importante provare a essere una famiglia.
Accorsi torna, come agli esordi con Radio Freccia, a fare i conti con la tossicodipendenza. Per entrare alla perfezione nel ruolo ha perso parecchi chili, si è lasciato crescere scompostamente i capelli e annerire i denti, ha seguito vari corsi di guida, affidandosi al campione italiano di rally Paolo Andreucci. Ne è nato un uomo forte e estremo, distrutto dai fallimenti privati e professionali, disincantato ma con ancora viva negli occhi una fiammella di speranza.
Non da meno la ventenne cantante Matilda De Angelis, fattasi largo tra centinaia di aspiranti al ruolo, in cui si è calata non da attrice esordiente ma ben navigata, con fermezza e fragilità, senza controfigure, guidando da neopatentata mostri da quasi 600 cavalli. Una “tosta”, come ha dimostrato anche nella fiction Rai Tutto può succedere, girata dopo il film ma giunta prima sul piccolo schermo. Prove che le apriranno senz’altro molte porte.
Tra i due nel film c’è un commovente scambio di esperienze. Superato il muro di diffidenza che inizialmente li divide, lui le insegnerà a rischiare, a lasciarsi andare alle emozioni, lei gli trasmetterà il rispetto per gli altri, il piacere di condividere, anche il sacrificio.