“Mi reputo fortunato perché ho un bagaglio di film imponente. Non amo rivederli, è passato il tempo, io sono invecchiato, loro no, ma il metro per misurare il successo è la longevità artistica”. Lo dichiara Tom Hanks aprendo la Festa del Cinema di Roma che gli dedica un’ampia retrospettiva proiettando sedici dei suoi film, compresi due meno noti da lui diretti.
L’attore premio Oscar, prima di ricevere il Premio alla Carriera dalle mani di Claudia Cardinale, s’intrattiene amabilmente per quasi un’ora con i giornalisti, ai quali non risparmia potenti battute ironiche su certi “inviati” che lo hanno intervistato negli States. Mai però feroci e nette come quelle indirizzate al candidato alle presidenziali americane che definisce così, senza peli sulla lingua: “Il festival della merda!”. Sul teatrino mediatico scatenato dai pretendenti allo studio ovale non ha dubbi: “Ogni quattro anni arriva il circo per decidere chi sarà il nostro Presidente. C’è ansia, timore per il mondo che sta attraversando una fase incerta, dove i problemi sembrano irrisolvibili, ma non abbiamo mai avuto un candidato così pieno di idee assurde, autoreferenziale. Non abbiamo mai investito sui repubblicani e non lo faremo adesso”.
Si torna poi a parlare di come sceglie i ruoli da interpretare. “Non mi sono mai dato dello stupido per aver rifiutato un ruolo – spiega – scelgo quando riesco a capire un personaggio. E’ più difficile rifiutare che accettare una parte, perché ti pagano bene, puoi baciare belle ragazze, viaggiare nei posti più belli, girare con un regista che ammiri. Però a volte capisci che certi aspetti di un film non richiederanno una passione assoluta e allora è meglio rifiutare”.
Considera l’ignoranza la cosa peggiore al mondo. “Non intendo solo quella politica, anche se c’è chi rimane al potere grazie a questa – precisa -. Sono solo un attore ma conosco il genere umano, quando prevale l’ignoranza nel mondo succedono sempre cose molto brutte, la verità rende liberi, l’ignoranza fa il contrario, la trovi ovunque, noi abbiamo Tramp voi Berlusconi, forse dicendolo sono io l’ignorante!”.
Nel suo vasto bagaglio cinematografico ci sono pochi ruoli da cattivo. “Potrei funzionare anche lì ma come attore non voglio fare il cattivo classico, che digrigna i denti. Gli antagonisti di solito sono archetipi poco originali, li farei solo se avesse davvero un senso”. E’ convinto che ci sia sempre il rischio che un certo ruolo ti resti appiccicato addosso. “Per questo dico no a certi personaggi se ripetitivi, una saga puoi farla per i soldi ma tra l’artista e il pubblico c’è come un contratto sottinteso: devi dargli sempre qualcosa che non si aspettavano di vedere. Non cambierei nulla di quello che ho fatto, non ho fatto cazzate”.
Pensa che fare l’attore sia più divertente che fare il produttore. “Come attore devi capire cosa fare e farlo, mangi gratis, puoi scegliere gli orari di lavoro. Il produttore invece passa ore al telefono a pregare qualcuno, anche in ginocchio, di fare un film. Però puoi trovare alleati con idee straordinarie e garantire la qualità di un film”. Non c’è un regista italiano in particolare con cui vorrebbe lavorare: “Con chiunque abbia un’idea. Fellini mi colpì profondamente anche se non capii molto certi suoi film, ma ero solo un ragazzo. Oggi sono aperto a qualunque suggerimento”.
A dicembre lo vedremo in Sully diretto da Clint Eastwood . “Lo ammiro per i film sofisticati che ha fatto – ammette -. Sul set parla pochissimo, non si fanno prove, devi essere sempre pronto e se sbagli ti fa rifare. Si fanno tanti ciak, e questo è liberatorio”.
Per i suoi nipoti, racconta, non è un nonno-star. “Olivia Jane e Charlotte non sanno cosa faccio per vivere, non gliene importa, però riconoscono la mia voce quando doppio Toy Story. Mi piace giocare con loro, disegnare sdraiati sul pavimento, ora preferirei essere lì che alla Festa del Cinema, sono più divertenti di Fellini”.