Sette minuti rubati alla libertà. Sette minuti rubati alla dignità. Ci si può rinunciare per non perdere il posto di lavoro? Se lo chiedono le operaie di un’azienda tessile in odor di chiusura che sta per essere venduta agli stranieri. La richiesta, per non correre il rischio di venir licenziati, è che i dipendenti rinuncino a una fetta della loro pausa pranzo e le operaie del Consiglio di Fabbrica sono chiamate a decidere per tutti se accettare o meno.
Una storia vera, accaduta in Francia nel 2012, che Michele Placido ripropone nel film 7 Minuti, tratto dall’omonimo testo teatrale di Stefano Massini, nelle sale dal 3 novembre, con Ottavia Piccolo, Fiorella Mannoia, Ambra Angiolini, Cristiana Capotondi, Violante Placido, Maria Nazionale, Clémence Poésy, Sabine Timoteo.
Una rinuncia che all’inizio sembra poca cosa alla maggior parte di loro, tutte più che bisognose di quel salario. Tranne alla più anziana (Piccolo), che considera la rinuncia a sette minuti di pausa l’ ennesimo taglio ai loro diritti di lavoratori, faticosamente conquistati in passato con dure lotte sindacali e che ora si stanno man mano sgretolando, aprendo la porta a chissà quali altri taglieggiamenti. Insomma, un altro schiaffo alla loro dignità.
Oggi la frase ricattatoria sottintesa è: cosa saresti disposto a fare pur di lavorare? E questo film crudo, tenero e vero, non dà risposte ma spalanca la porta alla riflessione, alla discussione.
“In Italia è difficile fare un film sul lavoro – spiega Placido, presentando la pellicola con il cast alla Festa di Roma -. E’ una commedia su una storia d’oggi, la produttrice Federica Vincenti non si è arresa di fronte alle difficoltà a reperire fondi. I francesi hanno subito accettato (si stavano rinnovando i contratti di lavoro in Francia) poi gli svizzeri e poi Rai Cinema, ma hanno voluto un cast di attrici note al pubblico”. Che superano tutte questa difficile prova in maniera fantastica.
Ottavia Piccolo aveva già interpretato il suo ruolo per due anni in teatro, diretta da Alessandro Gassman. “Quando ti identifichi con una storia non pensi se è il momento giusto per farla – sostiene l’attrice -. Placido e Massini hanno sentito di raccontarla perché necessaria, sono andati anche a Latina per carpire piccole vicende analoghe quotidiane”.
“Io e Ottavia siamo le più anziane, abbiamo vissuto un momento storico in cui le manifestazioni dei lavoratori erano all’ordine del giorno – ricorda Mannoia -. I giovani d’oggi questo non lo capiscono non hanno quel sentire comune che la politica aveva unificato, oggi è tutto frammentato. Siamo di fronte a una nuova forma di schiavitù non si sa dove andremo a finire se non ci fermiamo a ragionare”.
“Il lavoro ha una natura nobile, è un terreno di realizzazione- commenta Capotondi -, ridurlo a un mezzo per procurare cibo lo depriva da ciò che l’ uomo nella costruzione dei diritti gli ha dato”. “Il lavoro dovrebbe darti dignità, invece oggi te la toglie”, sottolinea Violante Placido. “Abbiamo girato in una fabbrica vera, l’emozione è stata fortissima, una fonte di ispirazione e di immedesimazione fortissima – racconta Mannoia -.Emerge la divisione tra italiane e straniere, la spaccatura. E’ un cambiamento epocale e il nostro futuro sarà multietnico dove pur di lavorare sono disposti a fare qualunque cosa. Se ne approfittano per abbassare il costo del lavoro”.
Insomma, ti minacciano dicendo: c’è la fila fuori dalla porta! Perciò rinuncio a tutto pur di non perdere tutto, questa è la degradazione del lavoro. Non si rispettano più le regole… per pochi spiccioli”.