Nei filamenti invisibili che scorrono nel rapporto con la madre si scrive gran parte della vita. E se lei se ne va perché ha preferito altro rispetto ai figli, per sopravvivere di solito loro inventano qualcosa che spesso li fa sembrare un po’ strani. E’ quanto avviene nella piéce Le muse orfane, del drammaturgo canadese Michel Marc Bouchard, in prima nazionale all’Argot Studio di Roma dal 31 gennaio al 19 febbraio con Antonella Attili, Stefania Micheli, Elodie Treccani e Paolo Zuccari che ne cura anche la regia.
Una storia sull’abbandono, il più violento, con protagonisti quattro giovani fratelli si ritrovano improvvisamente soli con un padre morto e una madre che, follemente innamorata di uno straniero, li abbandona per raggiungerlo. Quel mondo che inventano insieme nell’isolamento di una casa di provincia, nei loro rapporti più intimi e violenti, nel dolore e nello spaesamento è un mondo totale in cui scorre tutto l’amore e tutto l’odio possibili, un mondo che non ha bisogno più di niente, se non di difendersi dall’esterno, l’unica minaccia.
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