Il carismatico Aki Kaurismaki stavolta ci mostra L’altro volto della speranza. A riconciliarci col cinema è l’ ennesima favola surreale, poetica e divertente, carica di ironia, con un tagliente messaggio politico, del sessantenne regista finlandese, Orso d’Argento al Festival Berlino.
Stavolta il geniale autore fa incrociare le strade di un rifugiato siriano sbarcato clandestinamente e casualmente a Helsinki e di un ex rappresentante di camice finlandese che mollati moglie e lavoro tenta di rifarsi una vita. A loro si unirà lo spento terzetto formato da un cuoco, una cameriera e un direttore di sala di un decrepito ristorante che sarà rilevato dal commesso viaggiatore grazie a una lauta vincita a poker e che l’intrepido, disomogeneo gruppetto cercherà, onestamente ma invano, di riportare agli antichi splendori.
“Con questo film cerco di fare del mio meglio per mandare in frantumi l’atteggiamento europeo di considerare i profughi o come delle vittime che meritano compassione o come degli arroganti immigrati clandestini a scopo economico che invadono le nostre società con il mero intento di rubarci lavoro, mogli, casa e automobile – spiega il regista -. Nella storia del continente europeo la creazione e l’applicazione dei pregiudizi stereotipati contiene un eco sinistro”. Ammette di aver tentato di influenzare l’opinione dei suoi spettatori manipolandone le emozioni con questa storia onesta, venata di malinconia, trainata dal senso dell’umorismo, che comunque rispecchia i destini di certi esseri umani in questo nostro mondo.