Un viaggio tra il mondo materiale e l’ ignoto di una giovane donna americana colpita da un grave lutto, isolata e triste, in piena crisi d’identità. Lo affronta il regista francese Olivier Assayas che ha costruito questa storia densa di tensione pensando proprio alla ventisettenne statunitense Kristen Stewart, ex eroina di Twilight e da lui già diretta in Sils Maria, qui ermetica, tormentata interprete di Personal Shopper, miglior regia a Cannes, nelle nostre sale dal 13 aprile con Academy Two.
Un mestiere che la protagonista sembra subire per pagarsi l’affitto a Parigi, dove ha da poco perso in un incidente il fratello gemello col quale tenta tenacemente di stabilire un contatto extrasensoriale, combattendo una profonda battaglia interiore, tra veloci corse in motorino, lussuosissimi acquisti per una esigentissima star internazionale, approcci con entità spettrali, un misterioso omicidio.
Assayas naviga tra noir, thriller e romanzo di formazione, rendendo lieve e coinvolgente una tesa e struggente storia di solitudine, fantasmi e disperazione, convinto che l’identità umana si costruisca tra ciò che è reale e l’invisibile, tra ciò che vediamo e quello che immaginiamo. “Il film parla di qualcosa che va oltre la coscienza – spiega il sessantaduenne regista francese presentando il film a Roma -. Avevo la necessità di materializzare l’invisibile, che è una cosa tangibile. I nostri sogni, i nostri fantasmi sono spesso più reali di ciò che facciamo. Il film è come un quadro astratto che utilizza linee e colori, lo spettatore deve identificarsi con la protagonista. A differenza dei film americani qui l’invisibile può essere benefico, volevo proiettarlo nel presente in modo anche un po’ anacronistico, esplorare questa nuova dimensione affascinante”.
Ha usato il mondo lussuoso dell’alta moda per sottolineare l’ambivalenza del personaggio, una ragazza androgina e sciatta affascinata dalle stesse cose che odia, che deve ricostruire la sua femminilità. “E’ l’esempio dell’ambivalenza in cui tutti viviamo, in questo assurdo mondo esageratamente materialistico – sottolinea -. Ho fatto un collage a più livelli di vari generi cinematografici, non uso mezzi tradizionali per rappresentare la complessità dell’essere umano”.